La Coop sei tu?

La nostra città – è ormai un luogo comune – si trova nel bel mezzo di una crisi. Anzi, sta attraversando più crisi contemporaneamente: economiche ed occupazionali, politiche ed istituzionali, sociali e culturali.

Una situazione che imporrebbe una riflessione su tutti questi terreni insieme, alla ricerca di soluzioni, anche radicali, al disagio che si avverte un po’ ovunque.

Il tratto più forte di questo malessere sembra rintracciabile in un progressivo aumento delle disuguaglianze. Siamo di fronte ad un allargamento della forbice tra ricchi e poveri. Un processo che probabilmente non è destinato a fermarsi.

E in questo contesto si inseriscono anche le questioni urbanistiche. Il modo di intendere gli spazi, il ruolo e le funzioni della città, è tutt’altro che secondario. Ogni discussione sulla “questione urbana” porta alla luce i temi, i conflitti, i soggetti e le alleanze presenti sul territorio.

Lo si vede ogni volta che certi argomenti tornano nel dibattito cittadino. La cupidigia dei ricchi sta privatizzando tanti palazzi, tante strutture, tante aree. Spesso si dà a questi luoghi la parvenza di spazi pubblici, ma sono in pochi, e quasi sempre gli stessi, a decidere cosa si possa o non si possa fare in città.

Ultimamente sono il recupero dello Zuccherificio e la costruzione del nuovo Istituto Alberghiero a tenere banco. In questo periodo in particolare, il primo ha conquistato di nuovo le prime pagine dei giornali. La Coop Centro Italia ha infatti presentato con una conferenza stampa il suo piano per l’ex Zuccherificio.

Il progetto è stato depositato in Comune nell’agosto 2011, ma per vari motivi è rimasto nel cassetto. Secondo Coop è ormai tempo che l’Amministrazione Petrangeli prenda una decisione.

Sul piatto ci sono 60 milioni di euro di investimenti. 250 sarebbero le persone occupate dai lavori e 200 quelle in prospettiva, come addette alla grande distribuzione.

Per tirare acqua al suo mulino, il presidente della Centro Italia Giorgio Raggi ha annunciato di voler utilizzare anche lo strumento della delibera di iniziativa popolare, prevista all’art. 22 dello Statuto Comunale.

Qualche commentatore vede in questa uscita uno straordinario momento di democrazia. Noi preferiamo avanzare qualche dubbio.

Un’iniziativa popolare, infatti, dovrebbe partire “dal basso”. Quella della Coop, invece, sembra fatta nell’interesse di un fatturato milionario. E si presta pure all’equivoco, può essere scambiata per una azione di “lobbying”. Si cerca di coinvolgere la città prospettando lavoro e sviluppo, o si fa abilmente leva sul disagio del momento per forzare l’Amministrazione?

La dirigenza Coop è senz’altro in buona fede, e la nostra diffidenza è sicuramente fuori luogo, ma il dubbio ci rimane. E anche nel merito del progetto vorremmo avanzare qualche riserva.

Sicuramente è ben fatto. A vedere i disegni, anche il profano percepisce la qualità della proposta. Ma nonostante sia bello e verde, è pur sempre un centro commerciale. È di questo abbiamo bisogno? Non ne abbiamo abbastanza? Ed è giusto trasformare un pezzo di città fortemente caratterizzato nel solito mercato anonimo, concentrato e omologante?

La forbice tra ricchi e poveri non è soltanto economica. Ricco è chi riesce a determinare le scelte politiche e ad imporre le forme dell’organizzazione economica e sociale. Povero è chi queste decisioni le subisce, volente o nolente.

La crisi della città è il sintomo di una crisi più grande. La crescita dei decenni scorsi è il risultato di un certo modo di produrre e consumare. Questa impostazione dell’economia ha reso necessarie infrastrutture e sistemi di distribuzione di massa. Ma oggi questa strategia non riesce a garantire il benessere generale. È un fatto sotto gli occhi di tutti, anche se accettato a fatica.

La ricerca della piena occupazione, di conseguenza, dovrà passare per altre strade. Forse dovremo proprio concepire una nuova idea dell’occupazione e un diverso rapporto tra lavoro e società.

In questo processo le scelte urbanistiche hanno un peso decisivo. Possono aggravare i problemi anziché contribuire a risolverli. Ma proprio per questo il diritto di cittadinanza non si può ridurre al dire di sì o di no ad un progetto seducente.

È un bene che la Coop abbia aperto uno spazio di un incontro con i cittadini, ma fa male a ridurre, di fatto, questa intuizione ad un referendum sul proprio progetto. Da azienda socialmente responsabile quale cerca di essere, dovrebbe aprire una discussione molto più ampia di quanto non abbia fatto. In fondo, certi risultati riguarderanno tutti, non solo i suoi soci-clienti.

I disegni presentati da Coop hanno sicuramente condizionato l’immaginario e le aspettative di tanti. Rimane aperta la domanda di quale progetto sarebbe nato dall’ascolto dei più ampi desideri e bisogni della città.

2 thoughts on “La Coop sei tu?”

  1. Antonio Sacco

    La domanda sorge spontanea: perché affidare le sorti del nostro futuro sempre a chi non vive realmente la nostra città? Perché attendere sempre il Mecenate di turno per dare lustro ad idee che sono già presenti nei nostri DNA? Perché non chiedere agli attori più importanti, istituzionalmente parlando, del nostro territorio, di mettersi insieme e ragionare su di un progetto, figlio della nostre sensibilità, individuare i fondi, organizzarlo e realizzarlo? Perché sempre testimoni passivi di protagonisti lontani dal nostro sogno di città?

    1. paolo sebastiani

      La risposta viene spontanea: quale futuro? questa e’ una citta che sta morendo, vantiamo il triste primato per il piu alto tasso di disoccupazione e non mi sembra che gli attori piu importanti che ci governano siano in grado di porre rimedio.Solo chi vive una disgrazia ne capisce il dramma.Ben venga il Mecenate di turno.

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