La Caritas? Non è un “bancomat”. È vita di Chiesa

Una radiografia di tutti gli interventi realizzati a livello nazionale e internazionale. In azione oltre 10mila volontari che operano sempre nell’ottica dell’inclusione sociale.

Che rapporto hanno gli italiani con la “carità”? Cosa si sa esattamente della Caritas, delle sue azioni, delle sue scelte di intervento? Sono domande che è lecito porsi di fronte al Rapporto Annuale 2012, diffuso nei giorni scorsi da Caritas Italiana (www.caritas.it) con il titolo molto indicativo: “Sostenere – Formare – Ripartire. Un anno di Caritas”.

Come è noto, Caritas Italiana è un “organismo pastorale” della Cei, incaricato di animare l’intera comunità ecclesiale, attraverso iniziative sia nazionali, sia diocesane, sia – una dimensione forse meno conosciuta, ma altrettanto rilevante – internazionali. Ebbene, proprio un volume come il Rapporto Annuale consente di prendere visione in maniera molto sintetica e didascalica di una mole di interventi niente affatto casuali o semplicemente imposti dalle “emergenze”.

Perché se è vero che proprio all’esplodere di difficoltà specifiche, spesso si invoca “l’intervento della Caritas”, osservando l’insieme delle azioni si coglie la complessità dei diversi gradi di aiuto che vengono messi in campo. La Caritas, si potrebbe dire, non è un “bancomat” della carità, anche se spesso e volentieri agisce tempestivamente in questo senso.

Invece, è un corpo ecclesiale che con meticolosità commisura i propri interventi, graduandoli secondo le concrete possibilità operative, ma anche compiendo quell’azione di “animazione” della comunità cristiana e della società civile che è tra i propri compiti istituzionali.

Un network di 10mila volontari.

Giusto per sintetizzare alcune di queste “emergenze” che lo scorso anno sono state affrontate, basta citare i poderosi fenomeni migratori, via mare e via terra, che riguardano il nostro Paese; il terremoto nelle regioni del nord Italia; la crisi economica che ha investito l’Europa con la disoccupazione e povertà crescente; le emergenze internazionali (carestia nel Corno d’Africa, emergenza nel Sahel, sommosse e “primavere” in Siria, Egitto, Terra Santa, violenze in Nigeria ecc.).

Caritas Italiana non agisce da sola su questi versanti internazionali. Di solito si raccorda con Caritas d’Europa e con Caritas Internationalis, specie di fronte a eventi come i forum sociali mondiali, il coordinamento delle grandi emergenze, i gruppi di lavoro su temi o eventi specifici. Grazie a questa pluralità di relazioni, dal livello diocesano a quello internazionale, gli organismi della Caritas sono in grado di collocare le scelte che riguardano singole azioni in equilibrato rapporto tra di loro.

Ne è prova, ad esempio, la distribuzione di aiuti che spazia dall’intervento sulle povertà interne (mense, dispensari, centri di accoglienza) monitorate dal programma statistico Ospoweb che è in uso da parte di 480 centri di ascolto in 52 diocesi e 10 regioni ecclesiastiche. L’universo dei volontari (sono 10.434 presso 516 servizi), insieme alle équipe diocesane e ai seminaristi che hanno preso parte a corsi di pastorale integrata rappresentano una delle componenti strutturate della Chiesa italiana più efficaci ed operative.

Centinaia di processi di “inclusione”.

Il “Rapporto Annuale 2012” conferma i motivi per cui la Caritas riscuote una generale e “trasversale” fiducia da parte dei vari soggetti sociali. Si tratta di un riconoscimento derivante dai diversi ambiti di impegno e presenza. Così troviamo l’Aids, gli ospedali psichiatrici giudiziari, il carcere, i rom-sinti-camminanti, i senza fissa dimora: tutte realtà queste, per le quali Caritas ha promosso percorsi di “inclusione”.

E poi ancora i minori, la salute mentale, l’esclusione sociale, la famiglia. Grazie ai fondi 8xmille vengono così finanziati centinaia di progetti (258 nel 2012) per un totale di 16 milioni di euro, tutti rigorosamente documentati e a disposizione di quanti fossero scettici sull’utilizzo di questi fondi derivanti dagli accordi concordatari.

Un capitolo a parte, e di stretta attualità, riguarda l’immigrazione e i fenomeni ad essa connessi (tratta, rimpatri, centri di accoglienza, lavoro nero, richiedenti protezione internazionale ecc.). Su queste vicende, Caritas (insieme alla Fondazione Migrantes) ha il “polso” sempre aggiornato; e inoltre agisce anche tramite il nutrito gruppo di giovani in servizio civile (sono stati 686 nel 2012) che, nonostante la riduzione di fondi, rimangono un avamposto della carità sia in Italia sia negli interventi all’estero.

Interventi in Europa e nel mondo.

Il “Rapporto Annuale 2012” elenca poi minuziosamente i diversi progetti e attività sviluppati in Europa e nel mondo. Sarebbe complesso citarli tutti, perché sono decine.

A titolo di esempio aiuti sono andati al Kosovo per i disabili, in Macedonia per Caritas parrocchiali, in Serbia per salute mentale, in Armenia per acqua potabile, in Turchia per giovani a rischio. E così via, con interventi in 12 paesi europei, 30 in Africa, 15 in Medio Oriente e Africa del nord, 18 in Asia e Oceania, 17 in America Latina e Caraibi.

Oltre agli interventi diretti, molto rilevante è l’animazione dei “microprogetti” che sono stati 334 in 58 paesi, per circa 1,5 milioni di euro con 16 mila donatori. Ogni microprogetto è di poche migliaia di euro (mediamente tra 3 e 6/7 mila) e quindi la platea dei beneficiati è molto ampia. Il totale dei fondi per le attività all’estero è di 20 milioni e 60 mila euro, mentre per quelle in Italia è stato di 24,89 milioni, a cui aggiungere 3,4 milioni di costi di gestione. Questa è Caritas Italiana.