Inaugurate le giornate in onore di Alberto Mario Cirese

Si è svolta a Largo S.Giorgio l’inaugurazione delle giornate in onore di Alberto Mario Cirese, il più importante entnoantropologo italiano, le cui ricerche di oltre mezzo secolo sono apprezzate in tutto il mondo, diventando un punto di riferimento imprescindibile per lo studio del settore.

La settimana dedicata a Cirese, promossa dalla Biblioteca della Fondazione Varrone, si concluderà il 9 giugno con un programma molto intenso che prevede percorsi didattici delle scuole, laboratori sul pane, presentazioni di volumi e convegni del Cesa (CEntro europei studi agiografici) nonchè la tavola rotonda finale sulle figure di Eugenio e Alberto Mario Cirese. Un’iniziativa culturale che ha posto Rieti all’attenzione nazionale della ricerca demoetnoantropogica.

L’incontro è stato aperto dal Presidente della Fondazione Varrone Innocenzo de Sanctis, che ha ringraziato la famiglia Cirese per la donazione di tutto il fondo e l’archivio del Professor Cirese alla Biblioteca della Fondazione Varrone, unica depositaria in Italia e ha anticipato che questa prima settimana di studi sarà solo l’inizio di un progetto annuale di riscoperta del fondo Cirese, facendo diventare Rieti punto di riferimento per gli studiosi e ricercatori di demoetnoantropologia.

Dopo i saluti del Prefetto Sua Eccellenza Dott. ssa Chiara Marolla, che evidenziato l’importanza di una manifestazione che rende onore ad un uomo che si è fortemente radicato a Rieti e che rappresenta un custode straordinario delle nostre tradizioni, è iniziato il convegno alla presenza di illustri relatori, intervenuti con entusiasmo ad un’iniziativa culturale che ha avuto una calorosa risposta da parte degli ambienti nazionali di studio. Ha voluto dare una breve testimonianza anche il nipote del Professore Cirese, il giovane Luca che ha ricordato un nonno per cui la ricerca e lo studio non si potevano fare senza uno spirito di servizio alla comunità. Presente anche la moglie di Cirese, Liliana Serafini preziosa collaboratrice per la raccolta di fiabe di tutta Italia per la Discoteca di Stato.

Hanno partecipato alla tavola rotonda:

Pietro Clemente Professore di Antropologia culturale, Presidente della Società italiana per i Musei e i Beni culturali demoetnoantropoligici, direttore della rivista Lares, Eugenio Testa Professore di Discipline demoetnoantropoligiche dell’Università la Sapienza di Roma, figlio spirituale di Cirese, curatore del suo sito internet e cultore della memoria, Roberto Marinelli, storico e autore di molte ricerche di carattere etnografico ispirate agli studi del Professore Cirese che ne ha curato la presentazione e collaboratore delle giornate ciresiane.


Sintesi interventi:

Prof. Pietro Clemente: “Alberto Mario Cirese è promotore di questa fondamentale intuizione novecentesca, le periferie sono in sintonia con il mondo, le periferie diventano centro, instaurando un forte dialogo tra centro e periferia. Nella sua vita i suoi studi sono finalizzati a dare dignità alla cultura popolare, ai mondo locali dal cosmo al campanile. Ed è proprio la provincia italiana al centro del suo lavoro, lui rivendica il protagonismo del volgo. Per lui Rieti è una delle sue cinque patrie( il Molise, la marsica abruzzese, la Sardegna, il Messico).

Il Professore così sintetizza le tappe fondamentale del suo percorso di studi: il padre, raccoglitore di canti popolari, lo studio al Museè de l’Homme di Parigi, i contadini di Rieti. Ci auguriamo che la Fondazione Varrone che ha promosso questo straordinario momento di studio e confronto, dia continuità per aprire il fondo Cirese qui custodito alla comunità nazionale.”

Prof. Eugenio Testa: “La settimana Cirese fa vivere un patrimonio conservato dalla Fondazione di Rieti che potrebbe far diventare la città un centro aperto agli studi demoetnoantropoligi. Dobbiamo continuare questa iniziativa ed istituzionalizzarla ogni anno in tarda primavera.

Io mi occupo del Cirese dopo Cirese, attraverso le persone, le iniziative, i materiali e i luoghi che parlano di lui.

Oggi tutte le persone intervenute sono Cirese, ognuno di noi lo è , portandosi dentro un pezzo del suo lavoro, dei suoi studi ed insegnamenti.

Cirese vive nelle molte le iniziative editoriali che raccontano di figure che rappresentano i loro luoghi, i piedi nel borgo e le testa nel mondo, le figure che ha sempre cercato il Professore. Anche i luoghi le sue 5 patrie e forse di più, parlano di lui, i luoghi però vanno trasmessi, altrimenti il futuro dei giovani sarà privo della memoria del territorio”.

Ha chiuso gli interventi il Dott. Marinelli che ha ripercorso la vita reatina del Prof. Cirese, molto impegnato in politica e nelle sue ricerche sulla civiltà contadina della sabina.Prima della proiezione di un documentario con Alberto Mario Cirese, ha fatto un breve intervento, Elsa di Meo la curatrice dell’affascinante mostra sui pani, allestita nel foyer del Teatro S.Giorgio fino al 9 giugno. Presidente dell’Associazione ART.e S.I.A. che si occupa della ricerca dei pani tradizionali, a lei il Prof. Cirese ha affidato la sua scoperta sui pani rituali sardi.

Elsa di Meo: “Sono al servizio dei questa scoperta e cerco di promuoverla in tutta Italia. Cirese aveva riposto in me la sua fiducia. Con una felice intuizione aveva scoperto la relazione tra i pani e l’architettura e le croci, i rosoni delle Chiese. Svelando dietro l’arte dei pani, la geometria analitica delle rette parallele. Nell’elaborazione dei pani, aldilà dell’estetica, esiste una ripetizione di rigide regole, una sacralità nella preparazione da rendere quei pani trascendenti, l’incontro all’infinito delle rette parallele”.