Inaugurata la sede di Libera a Rieti: città arricchita da un presidio di democrazia

È stato un momento inteso e partecipato quello dell’apertura della sede reatina di Libera, in piazza san Rufo, avvenuta nella serata del 9 marzo. Ospitata dalla diocesi nelle stanze abitate poco prima dalla redazione di «Frontiera», questa bella realtà fatta di “Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” ha portato tante persone nella piazza centro d’Italia ad incontrare e ascoltare il fondatore don Luigi Ciotti.

Dopo aver salutato il vescovo Domenico Pompili in episcopio, infatti, il sacerdote ha attraversato con lui le piazze appena rinnovate dai Plus, fino al bagno di folla con i soci di Libera e i cittadini.

«Oggi è una giornata bellissima, aprire la sede di Libera anche a Rieti significa arricchire la nostra comunità di un presidio democratico, di partecipazione, di impegno civico. Davvero c’è bisogno di impegnarci nelle battaglie che da tanti anni contraddistinguono l’attività dell’associazione» ha detto il sindaco Simone Petrangeli ringraziando «la diocesi e il vescovo che hanno messo a disposizione questa splendida sede».

«Sono convinto – ha aggiunto il primo cittadino – che sarà un crogiolo di iniziative, di incontro di discussioni per il bene comune. L’impegno civico di questa associazione dev’essere un esempio per tutti i cittadini. Ne abbiamo bisogno per promuovere quel senso di comunità che specialmente oggi, in una situazione di grande difficoltà e di grande disagio sembra urgente. È a rischio quella coesione sociale che dovrebbe essere alla base di ogni convivenza civile».

La sede di Libera è stata intitolata ai tre giovani reatini Luca Lunari, Michela Rossi e Valentina Argenis Orlandi, morti nel terremoto del 6 aprile 2009 a L’Aquila. «I loro nomi non sono scritti solo sulla targa, ma nei nostri cuori» ha detto don Luigi Ciotti.

«Abbiamo voluto intitolare il nostro presidio di Libera Rieti ai nostri giovanissimi concittadini che hanno cessato di vivere in quella città ove si trovavano per motivi di studio e lavoro» ha spiegato, visibilmente commosso, il responsabile dell’associazione Maurizio De Marco: «Le loro morti non sono da imputare soltanto ad un avvenimento catastrofico naturale, ma anche alle gravissime negligenze ed imperizie di tutti coloro che avrebbero dovuto vigilare sulla corretta costruzione e sicurezza di edifici pubblici e privati. La memoria di queste giovani vite spezzate dovrà essere un monito per ricordare a tutti che la sicurezza del cittadino è un interesse prioritario, mai sacrificabile, né per superficialità, né per scopo di lucro».

Foto di Massimo Renzi.

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