Giugno Antoniano

Imparare da sant’Antonio come fare festa

Si è soffermato sulle ragioni del fare festa, padre Marcello Bonforte, rivolgendosi ai fedeli che in Sant’Agostino hanno partecipato alla Messa di apertura del Giugno Antoniano

Si è soffermato sulle ragioni del fare festa, padre Marcello Bonforte, rivolgendosi ai fedeli che in Sant’Agostino hanno partecipato alla Messa di apertura del Giugno Antoniano. E non solo perché le restrizioni dovute alla pandemia hanno ridotto al minimo l’iniziativa promossa ogni anno dalla Pia Unione Sant’Antonio di Padova di Rieti, ma riconoscendo che il Covid-19 è in coda a una più lunga serie di grandi problemi, che parte dalla crisi finanziaria di inizio millennio e passa per l’esperienza tragica del terremoto. Tutte esperienze che riportano la vita al suo nucleo essenziale.

Cos’è allora, nella sua essenza, la festa? «È condividere in molti la gioia di uno», spiega il frate minore, e nel contesto del Giugno reatino quell’uno non può che essere Antonio di Padova, «arrivato in Italia dal Portogallo avendo fatto una particolare esperienza», quella dell’incontro con Cristo.

Occorre dunque festeggiare da cristiani, cioè sobriamente. Vale a dire in modo diverso dalle «feste chiassose», dove non si capisce cosa c’è da condividere, dalle quali non arriva nessuna gioia da parte di nessuno, durante le quali «alziamo il volume della musica e moltiplichiamo il rumore e gli effetti speciali» fino a restare lontani dal verificare se veramente c’è una gioia che deve essere consegnata. «Il mondo festeggia per evitare la paura, per non pensarci più, per dimenticarsi le cose cattive».

Diversa è la gioia di Sant’Antonio, «che scopre nel Vangelo una libertà che vince ogni tipo di paura e rende capaci di affrontare le conseguenze del male». Una gioia che dopo otto secoli il santo è ancora in grado di consegnare «a noi che viviamo tante prove, che veniamo sballottati da tante cose e che veniamo distratti dall’ascolto di quella voce che dice tu sei mio figlio, io sono con te, sono il tuo Dio, non avere paura».