Era un po’ più piccolo, il fanciullo Gesù, degli over 17 che – assieme a qualche adulto che, da operatore pastorale o accompagnatore o organizzatore, si è “intrufolato” nel pubblico del Meeting – ascoltano la riflessione del vescovo nella Messa che apre la giornata conclusiva dell’evento di Leonessa (che viene a cadere nella domenica durante l’Ottava di Natale in cui ricorre la festa liturgica della Santa Famiglia).
Dodici anni, quello che oggi sarebbe poco più che bambino, un preadolescente, ma che al tempo, spiega il vescovo Domenico, era all’anno prima della maggiore età religiosa per il popolo ebraico.
E proprio sul rapporto genitori-figli, parlando ai giovani del Meeting, concentra monsignore la sua omelia, durante la Messa che si svolge al palasport leonessano, concelebrata con il parroco padre Orazio, il vicario di zona don Ferruccio, il responsabile della Pastorale giovanile don Luca, il francescano padre Stefano.
Facendo riferimento al brano evangelico di Gesù ritrovato fra i dottori del tempio e di quella strana risposta data dal dodicenne di Nazaret ai genitori preoccupati dopo averlo smarrito, monsignor Pompili invita a meditare su quella sorta di «vuoto che si viene a creare tra Maria, Giuseppe e il figlio Gesù», in cui leggere il senso della «dinamica tra l’amore di coppia e l’amore per i figli».
Una lezione oggi quanto mai urgente nelle vicende familiari: «Noi siamo portati a ritenere che l’amore per i figli sia ciò che unisce e in qualche modo cementifica l’amore di coppia» quando dovrebbe essere vero piuttosto il contrario, e cioè il fatto che è «l’amore di coppia che costituisce il grembo accogliente per una nuova vita che si affaccia all’esistenza».
Il brano evangelico spiega proprio come «questo spazio che si crea tra Maria, Giuseppe e il bambino ribadisce la priorità dell’amore di coppia, senza del quale è impossibile accogliere in modo adeguato una nuova vita». Al contempo, però, esso «ribadisce anche qual è la finalità dell’amore di coppia, che non è un amore adolescenziale che si bea dello stare insieme, ma ha sempre questa proiezione oltre se stessi: appunto, questo vuoto, che genera ansia, che crea qualche momento persino di disorientamento, ma che ribadisce che l’amore per la coppia è ultimamente orientato all’amore per i figli, senza il quale diventa sterile».
Ecco la risposta di Gesù che al rimprovero della madre replica con il suo celebre “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Una risposta che a Maria e Giuseppe, e a noi, fa comprendere «che c’è uno spazio del figlio che in qualche modo non è a disposizione dei genitori. Non è solo un modo per ribadire la sua origine messianica, ma è un modo per dire che l’amore dei genitori non può arrivare fino al punto di sequestrare completamente la vita dei figli. Perché soltanto quando questo è accaduto si sperimenta una sorta di impossibilità per il figlio di crescere».
Come genitori, sottolinea il vescovo, è importante capire «che non si può bloccare i figli sulle nostre attese: molte volte i figli vengono come resi schiavi delle attese e dei sogni infranti dei genitori, si vorrebbe quasi che fossero una clonazione di noi stessi e di ciò che non siamo riusciti a fare». E il ribadire il suo doversi occupare delle “cose del Padre mio”, da parte del dodicenne di Nazaret, sta a indicare «la libertà necessaria al figlio per potersi esprimere. Dietro quello che si chiama il “familismo amorale”, per cui spesso gli affari di famiglia finiscono per essere senza criteri, spesso legati solo a questioni di carattere economico, c’è proprio questa pretesa di voler far fare ai figli la nostra stessa strada. No! I figli devono avere la libertà di esprimersi, di sperimentarsi, di trovare nuove strade». La “protesta” del fanciullo Gesù sta un po’ «come a reclamare questa dimensione necessaria, che è come l’aria fresca per potersi evolvere, per potersi sviluppare».
L’ultima sottolineatura della pagina evangelica lucana che don Domenico mette in luce è quel crescere di Gesù “in età, sapienza e grazia”: anche Gesù, evidenzia il vescovo, cresceva, «perché è la logica della vita crescere», ed è questa anche «la strada per i nostri figli: quello che è dato a ciascuno è potersi sperimentare e crescere in tutte queste dimensioni, per le quali dobbiamo come genitori darci da fare, perché siano messi in grado di svilupparsi, di evolvere in tutte queste tre dimensioni: l’aspetto fisico, l’aspetto mentale e l’aspetto spirituale».
Tre dimensioni tutte e tre necessarie e da recuperare, perché, conclude Pompili, «la vera questione non è quella che potrebbe porsi l’ambientalista di turno, e cioè che mondo lasceremo ai nostri figli, ma un’altra: che figli lasceremo a questo mondo?».