Discorso alla Città

Il vescovo alla città: «Qualcosa sta accadendo. Se solo ce ne accorgessimo!»

È stato un invito a guardare al futuro con fiducia, riconoscendo alcuni segnali positivi e le opportunità che si rendono disponibili, il cuore del Discorso alla Città del vescovo Domenico. Tra i riferimenti, alcune positive tendenze demografiche e le risorse della ricostruzione e del Pnrr, con l'avvertimento della necessità di avere un'idea chiara delle vocazioni del territorio

«La vostra affabilità sia conosciuta da tutti gli uomini». L’esortazione dell’apostolo Paolo è indirizzata allo sparuto gruppo dei primi cristiani. “Sparuto”, se non addirittura “sparito”, è tanta parte del nostro territorio, dove continua lo spopolamento, avviatosi dopo le due guerre mondiali. Da quando, cioè, le braccia di contadini e pastori si convertirono in masse di operai e in schiere di impiegati. Di conseguenza, i nostri borghi sparirono dall’orizzonte. Qualcosa però sta cambiando e non solo per effetto della pandemia. Di recente, un’indagine commissionata al Censis dalla Fondazione Varrone (cfr. “Pensare il rilancio del territorio reatino al tempo del Covid-19”) annotava un dato sorprendente: «in quasi il 15% delle famiglie reatine c’è stato almeno un membro che è tornato da località fuori della provincia, in cui lavorava o studiava. Stiamo parlando di più di diecimila persone!». Questo fenomeno dei “ritornanti”, al netto dei “fuggitivi” che torneranno ad allontanarsi di nuovo, può essere letto come una tendenza? Certamente sì. A due condizioni, però.

La prima è che si accompagni questo trend con una politica capace di orientare nuovi investimenti su una terra, la nostra, che è stupenda e stagnante. A questo proposito, i fondi del PNRR, sommati a quelli per il terremoto, costituiscono una possibilità irripetibile con una non trascurabile scadenza: devono essere spesi entro il 2026! Ci è chiesto di fare bene e subito, creando una convergenza tra tutti i soggetti interessati perché non accada che ci si limiti a chiedere “quanto mi spetta”, senza presentare progetti concreti e plausibili. Ci vuole un cambio di mentalità: non inseguire le risorse, ma avere delle idee. In genere sono le idee a produrre le risorse. Il contrario è solo sperpero di denaro pubblico.

La seconda è che i nostri piccoli centri diventino laboratori di una nuova socialità: con le stesse opportunità di una città in termini di salute, mobilità e cultura, ma con una qualità della vita e delle relazioni che fa decidere per il contro-esodo. Non accadrà all’istante certo; ci vorrà del tempo e, soprattutto, determinazione, ma, solo per fare un esempio, in Trentino Alto Adige è già accaduto.

L’affabilità, da cui siamo partiti è parte di quella “rivoluzione gentile” che “è capace di creare quella convivenza sana che vince le incomprensioni e previene i conflitti” (Omnes Fratres, 224). Ciò accade quando, ad esempio, i migranti nei nostri piccoli paesi vengono accolti con fiducia e non con sospetto. Guardando a santa Barbara, il cui nome significa ‘straniera’ non si può che restare colpiti dalla sua fiducia, nonostante l’ignoranza e la presunzione del padre. È questa fede-fiducia che spinge a credere che è possibile qualcosa di diverso e che comprende «il dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano» (Omnes Fratres, 223). Qualcosa sta accadendo. Se solo ce ne accorgessimo!