Santa Barbara

Santa Barbara ci guida a seguire Gesù

Rinunciare al proprio ego, per guadagnare Dio e ritrovare sé stessi: è l'insegnamento che il vescovo Domenico ha ricavato leggendo la figura di santa Barbara attraverso il Vangelo: una lezione che aiuta a liberarsi delle tare del mondo contemporaneo

«Non si può conoscere qualcuno se pretendiamo di camminargli sempre davanti, se pretendiamo di anticipare i suoi progetti e i suoi desideri». A questo, ha spiegato il vescovo, allude Gesù quando dice “Se qualcuno vuol venire dietro a me”: per conoscerlo – ma in fondo per conoscere chiunque – occorre imparare a camminargli dietro. L’occasione è stata quella della Messa con i Vigili del Fuoco nel contesto della festa di santa Barbara, patrona del Corpo oltre che della diocesi e della città di Rieti. E lo spunto è stato utile a mons Pompili per leggere attraverso il Vangelo e la testimonianza della santa le spinte che attraversano il tempo presente.

A partire dal frainteso bisogno di auto-realizzazione, che sembra in contrasto con le parole del Maestro: “Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia la salverà”. «“Rinnegare sé stessi” – ha spiegato don Domenico – è l’esatto contrario dell’auto-realizzazione. Rinnegarsi vuol dire mettere tra parentesi le proprie ragioni, talora autoreferenziali, egoiste ed ambigue». Come a dire che se oggi diminuiscono i cristiani è perché «c’è troppa gente che si sveglia ogni giorno con l’ansia di difendere la propria immagine, di vincere la paura di non farcela, di rincorrere il successo degli altri. Queste persone sono già morte, hanno già perso la loro vita, perché non escono mai dalla torre d’avorio del proprio Ego».

«La pienezza della vita non è un perdere casuale, una distrazione, una sconfitta per disattenzione: la mamma per generare il figlio deve perdere qualcosa di sé, anche se si giungesse legittimamente ad un miglior trattamento salariale. Così Barbara ha perso la vita per Cristo, ma l’ha salvata rispetto alle convenzioni familiste incarnate dal padre Dioscoro che sono poi sempre le stesse: il denaro, il potere, il sesso».

Un secondo spunto dal Vangelo è: “Che vantaggio può avere un uomo a guadagnare il mondo intero, se poi perde o rovina sé stesso?”. «Qui – nota mons Pompili – si scopre che ciò che non va assolutamente perso è sé stessi, cioè la propria autenticità. Siamo spesso costretti dentro autentiche “camicie di forza”: convenevoli (salvare la faccia), miti (la giovinezza), riti (Black Friday). Si fatica ad esprimersi in libertà e secondo la nostra autentica vocazione. È sempre un errore però barattare la libertà per una semplice rendita di posizione, elargita dagli altri. Perdere sé stessì è tragico almeno quanto perdere la vita».

Se qualcuno si vergognerà di me e delle mie parole, il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui quando ritornerà”, è il terzo insegnamento sottolineato dal vescovo dal brano evangelico: «Non è una minaccia, ma una profezia. Per dire che la storia è solo il primo tempo della vita che va oltre e perciò non bisogna lasciarsi impressionare dai vincenti di turno perché sono destinati a scomparire insieme a tutti quelli che avranno vissuto solo per sé stessi».

Don Domenico fa l’esempio di Stefano Colasanti, «che sulla Salaria preferì fermarsi ad aiutare piuttosto che tirare diritto per la sua strada. Ma il vigile del fuoco, come santa Barbara, non ascolta le sirene del mondo che invitano a pensare a sé stessi, ma si lascia orientare dal suono della sirena che chiama laddove c’è il pericolo. D’altra parte – ha concluso il vescovo citando Holderlin – “dove è il pericolo cresce anche ciò che dà la salvezza”».