Padre Pius Perumana, direttore esecutivo di Caritas Nepal, partecipa ai lavori dell’Assemblea di Caritas internationalis e fa il punto: “Più di 10mila morti, 25mila persone ferite e 400mila case distrutte. Le infrastrutture e le comunicazioni sono interrotte, anche le linee telefoniche ed elettriche non funzionano ancora bene. Ci sono più di 8 milioni di persone che hanno urgente bisogno di aiuti umanitari”.
“Non dimenticate subito il Nepal! La gente sta soffrendo e ha bisogno del vostro aiuto, di alloggio, cibo e medicine, di sostegno e solidarietà”. È l’appello di padre Pius Perumana, direttore esecutivo di Caritas Nepal, in questi giorni a Roma per partecipare ai lavori dell’Assemblea generale di Caritas internationalis. Alto, magro, con la barba curata e brizzolata, padre Perumana ha fretta di tornare in Nepal ad aiutare i suoi connazionali colpiti dal terremoto del 25 aprile e da un’altra forte scossa due giorni fa, che ha causato ulteriori vittime. Le cifre che il direttore Caritas riferisce sono drammatiche, ancora più alte di quelle ufficiali, che stimano 7mila vittime: “Più di 10mila morti, 25mila persone ferite e 400mila case distrutte. Le infrastrutture e le comunicazioni sono interrotte, anche le linee telefoniche ed elettriche non funzionano ancora bene. Ci sono più di 8 milioni di persone che stanno soffrendo e hanno urgente bisogno di aiuti umanitari”. Domenica 17 maggio la presidenza Cei, a nome dei vescovi italiani, ha indetto in tutte le parrocchie italiane una colletta nazionale, il cui ricavato si andrà ad aggiungere ai 3 milioni di euro già donati e al primo contributo messo a disposizione da Caritas italiana.
Almeno 4 anni per la ricostruzione. Caritas Nepal ha previsto, per i prossimi due mesi, una spesa di 2,5 milioni di euro solo per gli aiuti d’emergenza a circa 100mila persone (teloni, corde, materassini, coperte per gli alloggi temporanei; generi alimentari; kit igienico sanitari e pastiglie per la potabilizzazione dell’acqua). “Ma per la ricostruzione la cifra sarà almeno 10 o 20 volte maggiore – spiega padre Perumana -. È necessario un impegno a lungo termine, ci vorranno almeno tre o quattro anni, perché la distruzione è stata veramente su vasta scala”. Il problema attuale è il raggiungimento delle aree più remote: “Su 75 distretti del Nepal 40 sono colpiti, e nel 14-15% di questi più dell’80% delle case sono andate distrutte. Servono aiuti su scala veramente massiccia. Tanta gente non ha ancora ricevuto ciò di cui ha bisogno: alloggi, medicine, cibo, oggetti per l’igiene personale”. Caritas Nepal affianca la popolazione spiegando come utilizzare i materiali forniti, prevedendo inoltre un monitoraggio successivo per prevenire abusi e sfruttamento. La priorità sono le donne capofamiglia (se ne contano almeno 300mila nelle zone più colpite, perché molti mariti sono emigrati all’estero), i minori non accompagnati e i disabili. Oltre 1 milione di bambini non possono andare a scuola perché almeno 15mila aule sono andate distrutte.
Gli aiuti internazionali, intanto, arrivano lentamente. “Gli aiuti internazionali stanno arrivando – racconta – ma ci vuole molto tempo perché abbiamo solo un piccolo aeroporto a disposizione per prelevare gli aiuti e non è in grado di supportare la logistica. Altri aiuti stanno arrivando via terra dall’India, ma a distanza di due settimane ci sono persone che ancora non hanno ricevuto abbastanza e stanno aspettando qualcosa di più dal governo e dalla comunità internazionale”.
Collaborazione e armonia tra religioni. Oltre agli aiuti dei governi e delle agenzie umanitarie, tutte le Caritas del mondo, compresa Caritas italiana che ha un proprio operatore a Katmandu, stanno sostenendo la piccola ma efficiente Caritas del Nepal, che rappresenta una minoranza nel Paese: 8mila cattolici, mentre il resto della popolazione pratica in maggioranza l’induismo e il buddismo. “Il 99,9% dei beneficiari della nostra azione sono di altre religioni – precisa -, noi aiutiamo chiunque. C’è sempre stata molta collaborazione di noi. L’80% dello staff Caritas è composto da non cristiani, abbiamo sempre lavorato in armonia, come una sola famiglia umana”. Tra i cattolici ci sono stati “tanti feriti ma nessuna vittima”, dice padre Perumana, che ha deciso di partire prima della fine dell’assemblea. “Devo tornare presto tra la mia gente, c’è veramente bisogno di aiuto”.