Il lavoro dell’Imprenditore

Il 25 novembre è stato il giorno delle piccole e medie imprese italiane e per la meritoria intuizione del Presidente della PMI della Confindustria reatina Alessandro Di Venanzio, il PMI Day reatino è stato dedicato ai giovani in formazione.

Infatti gli studenti delle scuole superiori di alcuni istituti della provincia hanno avuto l’opportunità di conoscere, dalla viva voce dei protagonisti, il lavoro e l’impegno che si cela dietro il mestiere dell’imprenditore, sempre in cerca di vocazioni.

“Fare l’imprenditore è innanzitutto una vocazione, ma dietro la ricerca del profitto, c’è sempre l’impegno a creare lavoro, dal quale deriva il benessere degli individui e la tranquillità delle famiglie”. In queste poche parole Di Venanzio ha genuinamente disegnato il valore sociale dell’impresa, già sapientemente consacrato nell’art.41 della Costituzione repubblicana.

I tre testimonial dell’incontro sono riusciti a fornire un quadro di quell’industria reatina che, pur chiamata a lottare in uno scenario di crisi profonda, è tuttavia ancora capace di imporsi brillantemente sui mercati nazionali e internazionali. Tre protagonisti dall’estrazione personale ed industriale quanto mai diversa, a riprova che ogni successo imprenditoriale vive principalmente sulla intuizione degli uomini e sulla volontà di spendersi per una idea produttiva.

Mario Palladino (amministratore di Tubi S.p.A.), con un passato (raccontato con nostalgica autoironia tutta napoletana) di pessimo studente, imbarcatosi per i mari del mondo dopo il diploma dell’istituto nautico, finito nel settore dei tubi, prima come dirigente, poi, nel momento più critico per il mercato, come imprenditore di una società tra le più importanti in Italia, sbarcata anche nel reatino per rilevare la gloriosa fabbrica Torda, proprio nel momento in cui questa si stava tristemente dissolvendo.

Guido Giacobbi (amministratore di Tecnolegno) discendente di una famiglia che nel 1903 aveva impiantato una segheria ad Arrone nel “cortile di casa” e che passando per gli eventi bellici delle due guerre mondiali, ad un tratto si è trasferita nel reatino in concomitanza con le massicce attività forestali di taglio boschivo che negli anni ’60 vennero intraprese sul Terminillo e dintorni; l’azienda si è poi radicata, cresciuta anche con esperienze all’estero in Francia e Polonia, per sposare negli ultimi anni tecnologie di avanguardia dalle quali scaturiscono strutture per l’edilizia apprezzate in tutta Italia.

Da ultimo Lorenzo Folio, milanese e bocconiano, insignito dalla Repubblica Francese dell’alto riconoscimento della Legione d’onore, esperto dell’economia globalizzata e planato a Rieti, come egli ha raccontato, perché guidato per ben due volte da un singolare destino; la prima, quando come amministratore di una grande multinazionale francese con più di 30.000 dipendenti, alla ricerca di quale fosse il punto geografico più alto dell’allora Cassa del Mezzogiorno per insediare un sito produttivo, dalla carta geografica spuntò il nome di Rieti e la seconda quando negli anni ’80 sapendo di una fabbrica che, pur avendo un grande mercato potenziale, stava in una condizione di grande sofferenza, la Seko S.p.A., decise di rilevarla e la fece crescere sino a raggiungere gli attuali tassi di crescita annuali del 22,5% realizzando, così, la prima multinazionale made in Rieti, con filiali in oltre 13 nazioni.

Da questi racconti, non privi di un richiamo preoccupato alle peculiari difficoltà del sistema Italia allacciato da mille pastoie e da scarsa efficienza nei servizi all’imprenditoria che sino ad ora hanno impedito l’oramai non più differibile superamento del “nanismo industriale italiano” (circa il 92% delle imprese italiane ha meno di 10 addetti), è tuttavia emerso in modo lampante come Rieti non sia una periferia dell’industria italiana e che, quando ha potuto avvantaggiarsi della lungimiranza anche di uomini della politica che ebbero a costituire l’allora Nucleo Industriale, è riuscita a competere con gli altri territori, attraendo investimenti e risorse imprenditoriali (Paladino da Napoli, Giacobbi da Arrone, Folio da Milano).

Un messaggio positivo è uscito da questa iniziativa: gli italiani sanno fare, i reatini possono ancora dimostrare di saper fare e mentre i nuovi imprenditori crescono, spetta a tutti di impegnarsi a fare bene il proprio mestiere, perché la deindustrializzazione di Rieti non è un fenomeno ineluttabile, anzi tutt’altro.