Il futuro non ha pilota

L’utilizzo di unmanned air vehicle (UAV), meglio conosciuti come droni, è ormai così importante che tra le grandi potenze è attualmente in corso una gara molto simile alla corsa all’arma nucleare alla quale il mondo ha assistito durante la guerra fredda. L’obiettivo è lo sviluppo del UAV migliore, autonomo, letale e invisibile; si tende a superare il primato americano.

Come successe in passato, dopo un breve periodo unipolare, gli USA non sono più i detentori monopolistici di questo nuovo gioiello della tecnologia. Cina, India, Russia, Israele (primo esportatore al mondo) ed Europa (primo cliente di Israele) stanno lavorando ai loro progetti per colmare il gap prevalentemente militare ma anche civile.

Rispettando la classica storia delle invenzioni che hanno cambiato la nostra vita, come gli aerei o lo sviluppo delle telecomunicazioni, gli UAV nascono per scopi militari e si scoprono poi utili anche nella vita di tutti i giorni. Per esempio sono attualmente utilizzati nelle riprese cinematografiche. Le forze di polizia di alcuni Stati che hanno scoperto la loro utilità nel prevenire l’infiltrazione di colonne di immigrati clandestini o monitorare gli incendi. Per non parlare degli inseguimenti.

In un prossimo futuro verranno utilizzati per tenere sotto controllo gli eventi di massa o la criminalità, passando sopra le nostre teste come già fanno gli elicotteri. Il valore di questi mezzi inanimati è racchiuso nella massima utilità del loro utilizzo: i droni (ovviamente a seconda del modello) possono volare anche per 20-24 ore di fila senza bisogno di scalo o rifornimento, avvolti in un impercettibile ronzio metallico, che risulta come assoluto silenzio quando sorvolano la terra a 40.000 metri d’altezza in qualunque condizione meteo.

Potendo fare a meno della pressurizzazione, poiché senza equipaggio vivente a bordo, superano l’altezza dei normali aerei. Questi nuovi veicoli sono divenuti ormai indispensabili per raccogliere informazioni dal cielo, un’azione vitale ed indispensabile ai fini della vittoria. Guidati via satellite da postazioni a terra, piene di schermi e non molto diverse da una vera cabina di pilotaggio, attualmente volano dalla Virginia all’Afghanistan eseguendo i compiti che gli vengono assegnati. E le grandi possibilità dello sviluppo di questo settore si stanno trasformando in un business che fa a gola a tutti, specialmente all’UE, impegnata a recuperare e superare i fratelli d’oltreoceano, cosciente del potenziale di mercato di questo settore.

L’annuncio USA-UE di aprire lo spazio aereo civile ai droni entro il 2016 non è un caso. Da quando l’azienda aeronautica francese Dassault Aviation ha annunciato la creazione del Neuron, un apparecchio completamente autonomo che compie missioni senza essere pilotato da terra ma agendo secondo le istruzioni di un software preinstallato, si è iniziato a parlare di aerei di linea senza piloti umani e a discutere di mini-droni e di intelligenza artificiale. Uno strumento, utile alle esigenze della guerra post-eroica e dell’opzione zero morti, entrerà nelle nostre vite quotidiane come sono entrati i cellulari. E se si coglie al volo l’occasione potrebbe nascere un mercato miliardario che creerebbe posti di lavoro ed essere d’aiuto all’esauste economie europee.

Abituiamoci, quindi, al ronzio degli UAV, sperando che non si trasformino in un mezzo di spionaggio di massa da realtà orwelliana grazie ad un piano di regolamentazione globale, magari guidato dall’ONU. Dopo tutto, il 1984 è già passato.