Grillo, i sindacati e l’acqua sporca

Beppe Grillo a Rieti

«A Rieti, in piazza Grillo ha detto che il sindacato, questo sindacato, deve evolvere se non vuole essere spazzato via. Penso che non si possa non essere d’accordo. Del resto, che questi partiti e che questo sindacato siano giurassici, ormai è veramente difficile non condividerlo; che in particolare il sindacato non combaci più con la realtà lo dimostrano i dati sulla disoccupazione, le aziende che sempre più numerose sono costrette a licenziare i propri dipendenti perché il costo del lavoro è sproporzionato rispetto al loro fatturato».

È quanto scrive Roberto Fallerini – imprenditore, iscritto al Movimento 5 Stelle e cofondatore del Meet Up Grilli Parlanti di Rieti – in risposta al nostro pezzo “Grillo, il bambino e l’acqua sporca”.

La tesi è diffusa – lo dimostra il successo del M5S alle ultime elezioni – e merita attenzione. Prendiamo per buono che il grillismo non sia in cerca dell’abolizione del sindacato, ma della sua evoluzione. A prima vista non ci sarebbe niente di strano: il cambiamento è la naturale condizione di qualunque organizzazione voglia tenere il passo della storia. Occorrerebbe però chiarire quale trasformazione si vorrebbe ottenere, in quale direzione si vuole andare. E qui il discorso di Grillo si fa molto più sfumato e incerto. Di piani concreti e articolati non se ne vedono.

Tuttavia, dal sapore delle parole dei commentatori in area 5 Stelle e dello stesso Grillo, si direbbe che la direzione sia quella di andare a modellare l’attività sindacale sull’utilità delle imprese e del capitale finanziario. La soluzione alla crisi sarebbe nella rimozione formale o sostanziale del sindacato perché i lavoratori possano essere fatti lavorare di più e con salari sempre più bassi. La chiamano “competitività”.

Sembra una posizione quantomeno bizzarra per un movimento che si propone di andare in controtendenza rispetto “alla vecchia politica” e all’attuale deriva sociale. Questo tipo di attacco al sindacato, infatti, esiste sin dalla metà degli anni Ottanta. Ed è lo stesso discorso che fanno tutti i “riformisti” – sia di destra che di sinistra – che ancora oggi sono in circolazione. Per capirci, è più o meno la stessa impostazione dei governi di sinistra che hanno smantellato lavoro e stato sociale, è la stessa tiritera dello “Psiconano” e di “Rigor Montis”.

A dispetto delle chiacchiere sui “beni comuni”, la conseguenza di questo genere di impostazione è un percorso che va verso la massima estensione e concentrazione della proprietà privata rispetto a quella pubblica.

Grillo vorrebbe porsi al di sopra o al di là della distinzione tra destra e sinistra. Il grillismo cerca di affermarsi come una sorta di buon senso privo di ideologie. Ma la critica che muove al sindacato sembra essere figlia di una ideologia precisa, anche se non dichiarata. Quella che mette il denaro al centro dei valori sociali e promuove il mercato come sola costituzione materiale. Non sembra un gran miglioramento.

E poi diciamocelo: infierire sui moribondi non è bello. Magari i sindacati godessero di buona salute! Forse non avrebbero svenduto i diritti che i loro stessi predecessori avevano contribuito a conquistare. Se abbiamo una moltitudine di disoccupati, precari, e cassaintegrati, se lavoreremo fino a ottant’anni e prenderemo una miseria di pensione è anche per colpa loro, perché non hanno avuto la forza di mantenere il punto. Se proprio dobbiamo rimproverargli qualcosa rimproveriamogli questo, e non una eccessiva rigidità.