Grillo, il bambino e l’acqua sporca

Beppe Grillo a Rieti

Ci sono state le elezioni e nell’aria si avverte un certo smarrimento: pare che i risultati siano stati un po’ troppo a sorpresa. Diciamocelo: con le piazze che ha riempito Grillo, una qualche affermazione del Movimento 5 Stelle se la aspettavano tutti, ma non che arrivasse ad essere la prima forza in campo. È successo anche a Rieti, i dati parlano chiaro. Nulla da aggiungere: i commentatori più accorti hanno già fatto le loro considerazioni e noi le prendiamo per buone.

Per fortuna siamo persone superficiali e certe cose non ci turbano. Abituati a campare alla buona, a prendere le cose come vengono, non perderemo di certo il sonno appresso allo tsunami. Intendiamoci: non è che ci lamenteremo se quest’onda di novità spazzerà via certi impresentabili casini, certi politicanti fin troppo fini. Non ci spaventa il nuovo che avanza, insomma, ma nemmeno ci sembra sia il caso di esultare troppo.

Gli eletti del 5 stelle sembrano bravi ragazzi, persone serie. Hanno facce pulite e parlano una lingua comprensibile. Si direbbe vogliano davvero provare a risolvere i problemi. Ciò nonostante rimaniamo abbastanza sospettosi. Ne abbiamo viste veramente troppe per accontentarci di quel che appare.

È pacifico che certe mangerie, certi indecenti ladrocini vadano definitivamente tolti di mezzo. E non siamo d’accordo con chi dice che il Movimento 5 Stelle non abbia alternative da proporre. Magari le idee sono ancora un po’ confuse, e per certi aspetti si naviga ancora a vista, ma in generale la direzione sembra piuttosto chiara. E per certi versi ci piace poco.

La proposta sociale di Grillo sembra sostanzialmente fondata sulla distruzione – o al limite sull’assorbimento – dei cosiddetti “corpi intermedi”. L’attacco al sindacato e ai partiti, duro e inequivocabile, fa da apripista in questo senso. Il comico non si limita a criticarne le scelte, o a stigmatizzare la corruzione. Non li vuole migliori. Rivendica una vera e propria abolizione di diverse organizzazioni democratiche, ritenendole vecchie e inadeguate. Si direbbe che il pensiero a cinque stelle sia volto a contestare la rappresentanza collettiva in quanto tale.

Il modello di comunità che ha in mente Grillo è chiaro: ripete continuamente che nel movimento “uno vale uno”. Lo ha detto dal palco anche a Rieti, e di primo acchito suona pure bene. Ma non sarà che c’è nascosto sotto un nido di vipere? Non sarà che alla lunga equivale a lasciare le persone sole di fronte ai grandi interessi, prive di una organizzazione collettiva cui affidare i propri diritti lavorativi, sanitari, sociali?

Anche l’idea di democrazia diretta che propone il M5S è affascinante: forse perché si spera che col venir meno dell’intermediazione scompaia anche la corruzione. Ma qual è il senso di uno Stato in cui la rete è tutto, in cui davvero uno vale uno? Non si apre al pericolo di ritrovarsi soli davanti al computer, a dire “Sì” o “No” alle proposte del potere di turno, senza il supporto di forze, di intelligenze collettive, capaci analizzare situazioni sempre più complesse e lontane dalla portata dell’individuo?

Di certo nel voto di oggi c’è tanta protesta, tanta contestazione, e un profondo desiderio di rivalsa da parte di chi sta soffrendo. Ciò nonostante ci sembra difficile che il M5S diventi la casa dei deboli e degli oppressi. Nella repubblica di Grillo e Casaleggio, costruita dentro l’universo globale della rete, non si fa troppa differenza tra sfruttati e sfruttatori. Si è tutti cittadini, tutti sullo stesso piano, salvo chi ha il privilegio di tenere le redini del gioco.

Ma forse ci sbagliamo e tutto andrà per il meglio. Intanto ci godiamo il cambiamento. Paradossalmente, un voto a cui forse sbrigativamente si applica la categoria dell’“antipolitica” potrebbe costringere i partiti che hanno mancato il bersaglio a risolvere certi problemi di identità e prospettiva. Potrebbe finalmente spingerli e fare proposte di governo chiare e credibili. In fondo basterebbe cominciare con poco: lo sguardo rivolto alla concretezza della vita reale e ai guai dei cittadini sarebbe già apprezzato. E magari si riuscirebbe ad evitare di buttare il bambino con l’acqua sporca.

One thought on “Grillo, il bambino e l’acqua sporca”

  1. Niccolò Eusepi

    Sono d’accordo su tutto. Un partito informatico non ci piace, un partito che vieta ai propri ‘parlamentari’ di parlare, se non nelle segrete stanze, non ci piace (da millenni abbiamo già il conclave, oggi si preferisce la trasparenza).
    Ma tre sono le cose certe che emergono, grazie al Grillo parlante: a) che gli italiani farebbero bene a smettere le vesti dei pinocchietti, e non solo i politici; b) che il metodo conta più del nome della rosa e delle disquisizioni sul sesso degli angeli c) che i cittadini sono stanchi di essere trattati come sudditi (anche se sembra che Grillo farà peggio).
    In realtà Grillo non sa dove mettersi le mani, non ha idee ne personale politico, è un disastro. Saggio sarebbe dargli tempo, poco saggio mettergli fretta come sta facendo Bersani, che invece di fare tanti discorsi dovrebbe starsene buono e chiedere alle altre forze politiche di fare le loro proposte. Se no al voto, subito.
    Come dice il Vangelo direi io alla politica vecchi a finita: convertitevi, se no sarete distrutti. E usate il buon senso, appunto: se annaffiate il fico, forse con il tempo darà frutti, leggi in questo le novità di questa nuova stagione.

Comments are closed.