Intensi momenti di festa e di preghiera per i giovani reatini che hanno vissuto l’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia e sono da poco tornati a casa. E dalle loro parole si intuisce che, oltre alla gioia di oggi, l’esperienza darà frutti sul lungo periodo
Il viaggio della Gmg è iniziato con un gruppo di più di 150 persone, espressione di tutte le realtà della nostra diocesi, ma si è concluso con più di un milione e seicento mila persone; un incontro frutto della relazione umana intessuta non solo tra di noi, ma anche con i pellegrini di tutti i popoli del mondo.
«Chi viaggia senza incontrare l’altro non viaggia, ma si sposta» (A. D. Neel): in questa settimana di pellegrinaggio abbiamo sperimentato quanto questa frase sia vera. Nell’abbraccio e nei sorrisi delle famiglie che ci hanno ospitato, infatti, abbiamo riscoperto il valore dell’accoglienza, specialmente nei momenti di maggiore stanchezza e fatica.
Il cammino è stato molto impegnativo e lungo, e ha messo a dura prova non solo il fisico, ma anche lo spirito. Di fronte alle difficoltà ciascuno di noi si è trovato ad abbattere le resistenze iniziali, dovute alla poca conoscenza, all’imbarazzo e al riserbo.
La bellezza è stata scoprire il modo in cui tutti, a poco a poco, hanno spontaneamente gettato ponti verso l’altro.
Il frutto è la gioia dell’incontro, che si è manifestata nella festa con tutti gli italiani nel santuario di San Giovanni Paolo II, nei cori multilingue che accompagnavano il nostro camminare tutti insieme, nello scambio e nella condivisione reciproca. I momenti centrali di ogni giornata sono stati la catechesi e la preghiera nei singoli gruppi e gli incontri con il Papa. La Gmg infatti non è solo festa, ma anche un cammino dell’anima, che richiede silenzio e riflessione.
Come ci ha ricordato papa Francesco, è attraverso la preghiera che dobbiamo riuscire ad alzarci dal «comodo divano» e a «metterci le scarpe»; per cambiare la società e fare la differenza.
Si tratta di un invito rivolto non solo a noi giovani, ma alla Chiesa universale, perché diventi sempre più luogo di misericordia, ricordandoci che «Dio crede in noi più di quanto noi crediamo in noi stessi».