L’ex Snia e la nuova borghesia

Da qualche giorno in città spira un refolo di aria positiva. È legato all’idea di inventare un futuro per l’ex Viscosa. L’area è avvelenata, ampiamente compromessa dal punto di vista ambientale. E la proprietà è consapevole che – volente o nolente – prima o poi dovrà procedere ad una costosa bonifica.

Potrebbe sembrare una bella seccatura, ma con un po’ di creatività e voglia di fare si può trasformare anche il più grande dei problemi in un’opportunità.

Tante volte basta qualche buona idea per rovesciare le sorti avverse. Il problema è trovarla. Ma il compito, oggettivamente, non è semplice. Persino i migliori cervelli dell’Amministrazione Comunale a tal proposito sembrano brancolare nel buio. Eppure la zona è strategica. Come le altre aree ex industriali di Rieti, era nata fuori le mura, ma è stata inghiottita dall’espansione cittadina negli anni del benessere. Oggi, a produzioni finite, quel motore vitale dell’economia locale ha lasciato il posto ad un grosso buco nel bel mezzo del tessuto urbano.

Dunque non è facile metterci le mani: qualunque scelta condizionerà inevitabilmente tutto il resto. Facile immaginare le polemiche, i contrasti, le divergenze. Il caso recente dello zuccherificio insegna.

L’unica soluzione sembra quella di affidarsi ad una sorta di intelligenza collettiva, di allargare la discussione. Il compito è tra le vocazioni della “Rete per l’Eccellenza Nazionale” (Rena). L’associazione ha avuto quale fondatore e primo presidente il reatino Alessandro Fusacchia, oggi Capo di Gabinetto del Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. La proposta incontra il favore dei principali soggetti coinvolti: il Comune di Rieti e la Banca Monte dei Paschi di Siena, proprietaria di gran parte dei 30 ettari su cui si estende l’ex Snia.

Di conseguenza, il 26 settembre la macchina organizzativa si è messa in moto. Si è tenuto un primo incontro pubblico nella sala della chiesa di Santa Scolastica. La giornata ha trovato compimento con la simbolica apertura dei cancelli della Viscosa alla cittadinanza.

Sono i primi passi verso il lancio di un concorso internazionale di idee. «Servirà a raccogliere e selezionare progetti sostenibili per riqualificare l’area come sito produttivo, luogo di formazione e spazio identitario culturale» spiegano da Rena. L’ambizione è di fare dell’ex Snia Viscosa «il nuovo centro della città e un polo di specializzazione e attrazione per tutto il centro Italia».

Il tutto per permettere a Rieti «di tornare ad attirare intelligenze, manodopera qualificata e investimenti e a connettersi con le reti più dinamiche che già oggi lavorano sulla frontiera tecnologica, dell’innovazione sociale, dello sviluppo sostenibile e dell’internazionalizzazione».

La cosa suona abbastanza bene e la città si divide meno del solito, forse perché ancora non capisce bene dove si andrà a parare. Anche la stampa più qualificata sembra aver sospeso il giudizio, avendo scelto di limitarsi alla cronaca. Qualche dibattito s’accenna giusto nelle chiacchiere private, tra chi riconosce il tentativo sincero di allargare i confini della democrazia e quanti pensano di stare ad assistere all’emergere di una sorta di nuova borghesia. La cosa in sé non sarebbe neppure un male: si presenta giovanile e illuminata, competente, in grado di stare al passo coi tempi, di testimoniare la propria professionalità e i propri buoni propositi. Ma ad un certo punto potrebbe anche scoprirsi interessata a favorire le scelte e i processi che le sono più funzionali, lasciando indietro le altre esigenze.

Chi fa certi discorsi, ovviamente, si affida più al pregiudizio che al giudizio. Però non si può disconoscere la forza della dimensione economica. Il rischio è che preceda e determini le scelte piuttosto che esserne il frutto maturo.

Il rimedio potrebbe essere l’individuazione di reali meccanismi di partecipazione della cittadinanza, di strumenti che vadano oltre il mero ascolto, la presenza formale o lo streaming. Trovare il modo di far partecipare la comunità alla proprietà delle fabbriche, delle start-up, degli incubatori di impresa o di qualunque altra destinazione avrà l’area, ad esempio, potrebbe essere una strategia efficace per subordinare gli interessi privati a quelli pubblici.

Del resto l’ex Snia è un “problema comune”. Per venirne fuori nel migliore dei modi sembrerebbe necessario farne anche un “bene comune”. Al di là della retorica, vuol dire che ogni potere attorno all’area andrebbe distribuito con equilibrio, che dal binomio pubblico privato si dovrebbe passare ad una realtà socializzata, nei cui consigli di amministrazione non siedono solo i manager e gli amministratori, ma anche i rappresentanti degli istituti culturali, dei lavoratori, delle diverse componenti della comunità.

È presto per dire se è questa la strada che abbiamo intrapreso. Ma se così fosse ci troveremmo a guardare alla città in modo inedito. Non come a un muro compatto di edifici e terreni da cui trarre il massimo profitto al minor costo possibile, ma come a campo di relazioni tra soggetti di pari dignità, il cui funzionamento previene la possibilità che qualcuno si chiuda a riccio sui propri egoismi.

E riuscire anche solo in questo, sarebbe già un bel risultato.

One thought on “L’ex Snia e la nuova borghesia”

  1. paolo

    ….è una settimana che è stato annunciato il Concorso di Idee e ancora nulla appare, neanche una indicazione su lsito RENA; ….poi alcuni dicono che bisogna essere ottimisti…….mah

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