E intanto Silvio se ne va?

«Il nostro paese ha perso credibilità sui mercati: ecco perché siamo in difficoltà». Questo è il tormentone delle ultime settimane. E chiunque ha voce in Italia l’accompagna all’invito rivolto al Presidente del Consiglio affinché si faccia da parte.

il problema Berlusconi


Ormai, in Italia, pare che Silvio Berlusconi sia il problema e la sua dipartita la soluzione o almeno l’inizio. Una tesi che oscilla tra la malafede e l’ingenuità. Sembra che i destini al ribasso del Governo dimostrino benefici effetti sulla Borsa italiana, ma fermandosi a questo si rimane sulla superficie dei problemi.

Quando si dice che il Presidente del Consiglio non è credibile, il pensiero dei più va alle sue miserie private. Chi ha maggiore buon senso guarda altre cose: l’elogio dell’evasione fiscale, una malcelata tendenza alla compravendita di giudici e deputati, l’essere variamente invischiato in vicende poco chiare. Tutte cose che sollecitano il sorriso dei… grandi “statisti” europei! I più razionali si attengono alla semplice evidenza del malgoverno ad personam.

Tutto qua? Tutto sommato pare assai poco! E non per simpatia per il “biscione”. Stupisce piuttosto che fino a non molto tempo fa il Presidente del Consiglio era legittimo e plausibile per gran parte dei suoi attuali detrattori, nonostante tutti i suoi difetti, escort comprese. Oggi invece, una sorta di pensiero unico lo prende a capro espiatorio totale. Saremo fatti male, ma ci viene un sospetto. Non sarà che quando tutti pensano la stessa cosa vuol dire che non si pensa più molto?

i fatti e le opinioni


Proviamo a partire dai fatti. Quello centrale pare essere la “lettera della Bce” inviata in luglio da Jean-Claude Trichet e Mario Draghi. Conteneva decisi ordini sulle cose da fare, scritti con asciutto linguaggio burocratico. Cosa volevano? La piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali, una richiesta di riforma del sistema di contrattazione salariale, accordi aziendali “elastici” e l’«accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti». E poi ancora interventi nel sistema pensionistico, ridimensionamenti della spesa sociale, riduzione degli stipendi del pubblico impiego.

La pretesa di una banca di decidere sulle sorti di un grande paese democratico non ha scandalizzato nessuno. Tutti troppo impegnati a prendersela con il Governo Berlusconi perché non ha la volontà, la forza o l’interesse di fare scempio fino in fondo delle conquiste sociali che la Repubblica ha saputo mettere insieme. Fosse anche solo per le contraddizioni interne al suo schieramento e nonostante le enormi pressioni che subisce da ogni dove, il Governo si è per lo più astenuto dal riformare mercato del lavoro, pensioni e pubblico impiego. Per volontà, paralisi o incapacità ha evitato la “macelleria sociale”. Quella stessa dolorosamente sperimentata in Grecia per dare soddisfazione ai cosiddetti “investitori internazionali”.

facciamo le Cassandre


Ci sono forti interessi in Europa che sembrano aver deciso di doversi disfare dell’obsoleto Mister B. L’utile idiota non serve più, altro che escort! La dismissione prosegue serena: non mancano infatti quelli che “responsabilmente” faranno «le riforme necessarie al rilancio del Paese». Probabilmente il “dopo Berlusconi” sarà governato come «ce lo chiede l’Europa». Non è una bella cosa. Speriamo di sbagliarci, ma appena avranno mano libera, certi “salvatori della Patria” si occuperanno di farci stringere la cinghia. Svenderanno i servizi pubblici locali e ci “toglieranno il peso” della ricchezza collettiva, composta dal patrimonio pubblico. Il nuovo che avanza annuncia alla luce del sole un orientamento tecnocratico, denso di sacrifici sull’altare dell’Europa bancaria. Lo chiamano «governo di salute pubblica», «di responsabilità nazionale», «d’emergenza».

tutti incredibili?


Che misero destino sarebbe quello di una alternativa che, sazia della critica a Berlusconi, si trovasse poi costretta a fare le cose che gli contestava. Privatizzazioni selvagge, licenziamenti per la competitività, meno pensioni a meno persone. Questi gli imperativi categorici della terza repubblica? Anche scuola e sanità verranno affossate. Dovendo ridurre il debito, ci sarà sempre meno da spendere in questi settori: “improduttivi” in mano pubblica, ma assai redditizi per i privati.

fine della democrazia?


Prima di prendercela con il pessimo Berlusconi, sarebbe meglio ammettere che lontano da ogni consenso popolare, gli euroburocrati impongono scelte discutibili a governi democraticamente eletti. Con l’adozione della moneta unica i paesi dell’area Euro hanno perso la sovranità delle proprie politiche economiche. A che serve votare destra, centro, sinistra o qualunquista se le scelte fondamentali del Paese vengono determinate altrove?

Abbiamo sposato l’Euro e dopo il G20 di Cannes ci troviamo ad avere in casa la peggiore delle suocere: gli ispettori dell’Unione europea e del Fondo Monetario Internazionale. Ma è ancora la Grecia a fare da apripista sulle cose peggiori. Il referendum sugli aiuti finanziari dall’Unione ha scatenato la vibrante protesta di tutte le istituzioni europee. Strano. Si tratta di un basilare esercizio di sovranità popolare, una cosa che nel vecchio continente dovrebbe essere ben vista. Invece gli interessi della finanza europea sono riusciti ad impedirlo. Il sacrificio dei valori fondamentali della democrazia sull’altare dei mercati è ormai compiuto. Benvenuti nella nuova Europa.

non siamo titani, ma…


Di fronte alla deriva tecnocratica e neoliberale dell’oggi dovremmo dunque prepararci all’impoverimento. Un’altra montagna sulle nostre spalle. Rassegnarsi? No. Proviamo, se ci riesce, a combattere la «buona battaglia», conserviamo la fede e tentiamo la riconquista di ciò che poco alla volta ci stanno togliendo. Ci aspetta una lunga marcia. Del resto ci sono voluti sforzi prolungati e costanti per conquistare quel po’ di democrazia e di diritti sociali che abbiamo conosciuto. Ai trentenni e quarantenni di oggi tocca il compito che hanno avuto i loro nonni e bisnonni: faticare per costruire un mondo nuovo e migliore per i propri nipoti. Un compito inedito per una generazione smarrita, disillusa, forse debole. Ma chiamata a fare la storia.

One thought on “E intanto Silvio se ne va?”

  1. patrizia

    commento con le parole di Giorgio Cremaschi che condivido in pieno.
    da G. Cremaschi:
    “Il forte si mesce col vinto nemico. Col novo signore rimane l’antico. Dividono i servi, dividon gli armenti.”

    Così Alessandro Manzoni scriveva nell'”Aldelchi”, per ricordare agli italiani che non potevano affidarsi a un cambiamento di padrone per avere la libertà.

    Non illudiamoci, non è stata l’opposizione, non è stato il movimento di lotta, non è stato neppure il referendum e la protesta di milioni di persone a far cadere Berlusconi. Sono l’Unione Europea delle banche e della finanza, il capitalismo internazionale che hanno sfiduciato il Presidente del Consiglio. Il capitalismo internazionale non sopporta più Berlusconi, lo considera inefficiente, inefficace, controproducente e lo vuole mandare a casa. Ma non certo per fare un favore a noi. Noi non abbiamo mai sopportato Berlusconi, da un tempo infinito abbiamo sperato di mandarlo a casa, anche quando tutte e tutti coloro che oggi lo abbandonano lo riverivano come il massimo della novità e dell’efficienza.

    Noi però oggi corriamo il rischio di pagare tutta la bolletta, tutto il conto che Berlusconi ci lascia. I 39 punti contenuti nella nuova lettera dell’Unione Europea al governo italiano sono altrettanti diktat che colpiscono al cuore i nostri diritti, le nostre condizioni sociali, la nostra democrazia.
    Per questo dobbiamo già combattere i nuovi padroni, La Bce, il fondo monetario internazionale, Wall Street. Essi vogliono farci pagare tutti i costi della loro crisi. Prepariamoci a lottare più di prima contro la dittatura della finanza e delle banche in Italia e in Europa.

    Si preparano giorni difficili per il nostro paese commissariato. La riconquista dei diritti e della libertà richiede sia il rovesciamento di Berlusconi, sia il rifiuto dei 39 punti dell’Unione Europea e di tutti i vincoli che, così come in Grecia, distruggono anche la Costituzione e la civiltà nel nostro paese.

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