Dal Papa una spinta a proseguire nel percorso di integrazione e inclusione di tutti i disabili nella vita ordinaria della Chiesa. Un incoraggiamento all’Ufficio catechistico nazionale della Cei e al settore per i disabili che ha compiuto 25 anni. Pensando al futuro abbiamo bisogno di potenziare un lavoro di équipe per progettare e condividere strumenti sussidiari, materiali che propongano l’uso di tutti e cinque i sensi per favorire ogni tipo di comunicazione. Occorrerà sempre più cercare l’accesso alla fede, le diverse possibilità di esprimerla e testimoniarla
Dopo le parole pronunciate dal Santo Padre Francesco in risposta alla domanda di Serena, persona con disabilità, nessuna porta di una chiesa potrà mai essere chiusa ad una persona disabile: “O tutti o nessuno”. “Ha parlato poco, tre/quattro righe, ma le ha dette con forza! Serena ha parlato di una delle cose più brutte che ci sono fra noi: la discriminazione. E’ una cosa bruttissima!’Tu non sei come me, tu vai di là e io di qua’”. “Ma, io vorrei fare la catechesi…” – “In questa parrocchia no. Questa parrocchia è per quelli che si assomigliano, non ci sono differenze…”. “Questa parrocchia è buona o no?” [Aula: “Nooo!”] Che cosa deve fare, il parroco?…Tutti abbiamo la stessa possibilità di crescere, di andare avanti, di amare il Signore, di fare cose buone, di capire la dottrina cristiana, e tutti abbiamo la stessa possibilità di ricevere i sacramenti…
Ma pensa a un sacerdote che non accoglie tutti: che consiglio darebbe il Papa? “Chiudi la porta della chiesa, per favore!”. O tutti, o nessuno. “Ma no – pensiamo a quel prete che si difende – ma no, Padre, no, non è così; io capisco tutti, ma non posso accogliere tutti perché non tutti sono capaci di capire…” – “Sei tu che non sei capace di capire!”. “Quello che deve fare il prete, aiutato dai laici, dai catechisti, da tanta, tanta gente, è aiutare tutti a capire: a capire la fede, a capire l’amore, a capire come essere amici, a capire le differenze, a capire come le cose sono complementari, uno può dare una cosa e l’altro può darne un’altra. Questo è aiutare a capire. E tu hai usato due parole belle: accogliere e ascoltare”.
L’Udienza dell’11 giugno 2016 in occasione del 25° del Settore per le persone disabili dell’Ufficio catechistico nazionale della Cei ci ha fatto riflettere sull’importante percorso di “sdoganamento” condotto in questi anni dal Settore e ci ha fatto capire che non può esserci una misura del “dare” legata solo a certi criteri intellettivi.
Questo momento di festa è rimasto scolpito nel cuore a partire dall’ascolto delle parole del Santo Padre. Guardando tutti una voce risuonava nel cuore “Come è possibile?”, la gratitudine a Dio è grande per il prezioso lavoro svolto nelle nostre diocesi, partendo dall’includere le persone con disabilità nel cammino di iniziazione cristiana, nella pastorale per i fidanzati fino al fine vita, coinvolgendo il tempo libero, la pastorale giovanile, gli oratori, la dignità lavorativa, il tempo del durante e del “Dopo di noi”… la sussidiazione, la formazione inclusiva.
Ma i veri protagonisti della giornata, in attesa dell’Udienza, sono state le persone disabili che hanno animato il coro, allestito l’aula, preparato la colazione e il pranzo offerto ai partecipanti.
Tutto si è svolto con uno spirito si semplicità e di gioia che ha fatto emergere che la persona disabile è sempre una risorsa nella comunità e nella società.
La Chiesa, dopo il Concilio Vaticano II, ha insistito sulla necessità di valorizzare il percorso di fede dei disabili, anche intellettivi e di sostenere le famiglie in questo cammino.
Il magistero di diversi pontefici ci ha spinto a riconoscere e a valorizzare sempre le persone disabili e per questo siamo sollecitati ad un cambiamento pastorale, per possedere quella “fantasia della Carità” di cui parlava Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Novo Millennio ineunte, (2001), mentre Benedetto XVI nell’Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis, 22 febbraio 2007 invitava a dare l’Eucaristia ai disabili mentali anche “nella fede della famiglia o della comunità che li accompagna”.
Oggi, grazie alle parole forti e i gesti pieni di misericordia di Papa Francesco, stiamo vivendo una nuova diaconia fatta di tenerezza e accompagnamento della fragilità umana. E’ una vera e propria forma di conversione pastorale a cui il Signore ci chiama: far crescere la capacità di accogliere tutti, per creare una Chiesa dove tutti si sentano a casa.
Ora, pensando al futuro abbiamo bisogno di potenziare un lavoro di équipe per progettare e condividere strumenti sussidiari, materiali che propongano l’uso di tutti e cinque i sensi per favorire ogni tipo di comunicazione. Occorrerà sempre più cercare l’accesso alla fede, le diverse possibilità di esprimerla e testimoniarla.La grande sfida che ci attende è insegnare e testimoniare al mondo che il limite, non è la fine di tutto, non è morte, non è un ostacolo, ma è parte della vita umana e può diventare opportunità di un nuovo sguardo dell’umano.