Disabilità: una sofferenza nascosta

Presentate due ricerche del Censis e della Fondazione Serono.

Sofferenza nascosta, ritardi nella diagnosi, scarsa disponibilità di terapie non farmacologiche, famiglie lasciate sole di fronte al peso della malattia, servizi socio-assistenziali da potenziare. A rischio isolamento sociale il 60% dei pazienti di sclerosi multipla, mentre la metà delle madri di persone con autismo ha dovuto ridurre il lavoro o addirittura lasciarlo. Questa, in sintesi, la fotografia emersa dalle due indagini presentate oggi a Roma (Camera dei deputati) dal Censis e dalla Fondazione Cesare Serono nel corso del convegno “La dimensione nascosta delle disabilità”. Le ricerche sono il risultato del primo anno di lavoro del progetto pluriennale “Centralità della persona e della famiglia: realtà o obiettivo da raggiungere?” promosso dai due organismi, e hanno coinvolto direttamente persone colpite da sclerosi multipla o autismo, e le loro famiglie.

Piano per le fragilità.

Intervenendo all’incontro, il ministro della Salute Renato Balduzzi ha annunciato la “prossima emanazione” di un decreto “per la revisione delle disabilità”. Il decreto, ha precisato, “darà maggiore rilievo ad una nozione più ampia del concetto di disabilità, prevedendo non solo la disabilità motoria ma anche profili di carattere psicosociale”. Il ministro ha inoltre dichiarato: “Nell’ambito del Patto per la salute che stiamo condividendo con le Regioni ci sarà lo spazio per un Piano nazionale per le fragilità e la non autosufficienza”. Secondo la prima ricerca, condotta su 302 persone malate di sclerosi multipla (Sm), il 48,7% del campione si è rivolto a diversi medici prima di arrivare alla diagnosi corretta, ma il 40,1% ha avuto difficoltà a convincerli dei propri sintomi, il 29,5% ha ricevuto trattamenti per una patologia diversa. La Sm colpisce adulti nel pieno della vita attiva: per circa il 49,8% ha causato “un cambiamento in negativo” della vita lavorativa; la metà afferma di “avere interrotto le attività del tempo libero” (del tutto il 48,3%, in parte il 28,5%), fino ad arrivare all’isolamento sociale.

Potenziare i servizi socio-assistenziali.

Il 48,5% dei malati ha bisogno di aiuto nella vita quotidiana ma “le risposte arrivano quasi solo dalle famiglie”, ha osservato Ketty Vaccaro (responsabile settore Welfare Censis). Il 38,1% dei malati riceve assistenza informale tutti i giorni dai familiari conviventi (e la percentuale aumenta tra chi riferisce livelli di disabilità più elevati: 62,8%). L’aiuto quotidiano da parte di parenti non conviventi e amici è più raro (8,1%). Solo il 15,3% riceve aiuto da personale pubblico (e solo il 3,3% tutti i giorni). Minoritario è il supporto offerto dal volontariato (8,4%). I servizi sanitari considerati più utili sono i centri clinici per la sclerosi multipla (52,7%), i farmaci gratuiti (31,1%) e le visite specialistiche ambulatoriali (29,4%). Andrebbero rafforzati gli stessi centri clinici per il 30,4% del campione, la specialistica ambulatoriale (27,1%), le visite mediche domiciliari (25,1%), i ricoveri in day hospital (22,3%). Ma sono soprattutto i servizi socio-assistenziali a richiedere un forte potenziamento dell’offerta: l’assistenza domiciliare è ritenuta uno dei servizi più utili dal 77,5% del campione e il 72,4% ne ritiene necessario il potenziamento. Seguono gli aiuti economici e gli sgravi fiscali (tra gli strumenti più utili secondo il 52,6%, da potenziare secondo il 47,7%), il supporto psicologico (utile per il 37%, da potenziare per il 25,8%).

Famiglie lasciate sole.

“Anche per le persone con autismo il percorso che porta alla diagnosi è spesso lungo e complesso”, ha informato Vaccaro. In circa l’80% dei casi i primi sospetti sono stati formulati dalle madri, perlopiù nel corso del secondo anno di vita del bambino. Il 45,9% ha dovuto attendere tra 1 e 3 anni per la diagnosi, il 13,5% addirittura più di 3 anni. “I disturbi più frequenti – spiegano i ricercatori – sono compromissione della comunicazione verbale e non verbale e problemi di apprendimento. Tra i più problematici da gestire l’aggressività e l’autolesionismo (25,1%)”. A seguire una terapia farmacologica è meno di un terzo dei malati, “anche perché – si legge nell’indagine – non esistono farmaci specifici”. Quasi tutti i bimbi con autismo ricevono qualche tipo d’intervento abilitativo, ma tra adolescenti e adulti la quota di quanti non fanno nessuna terapia si attesta intorno al 30%. Il trattamento più efficace è la terapia cognitivo-comportamentale, seguita dal 49,3% del campione. 5,2 le ore settimanali di trattamento ricevute; 3,2 pagate privatamente dalle famiglie, con costi rilevanti a proprio carico. Centrale il ruolo della scuola. “La tipologia e la gravità dei sintomi che caratterizzano i disturbi dello spettro autistico – ha evidenziato Vaccaro –, comportano per le famiglie un carico assistenziale estremamente gravoso, pari a una media di 17 ore al giorno”. Rilevante l’impatto “sulla qualità della vita, ma anche sui progetti e le scelte a lungo termine”. La disabilità della persona con autismo ha avuto ricadute negative sulla vita lavorativa del 65,9% delle famiglie coinvolte nello studio. In particolare, il 23,4% delle madri di pazienti autistici ha dovuto ridurre il lavoro ma il 25,9% lo ha dovuto addirittura lasciare.