Economia

Dettagli sconosciuti

Osservando la selva di provvedimenti che contiene, la si può definire una manovra economica di stampo socialdemocratico, più distributiva che sviluppista.

È stato calcolato che ci vorranno ora 140 tra decreti, regolamenti e atti amministrativi per mettere in pratica quanto approvato dalla maggioranza di governo con la legge di bilancio: quindi occorre aspettare per capirne quale sia la reale portata. Per ora si intuiscono le linee guida e si conoscono i soldi messi a bilancio.
Osservando la selva di provvedimenti che contiene, la si può definire una manovra economica di stampo socialdemocratico, più distributiva che sviluppista; e di stampo anglosassone, in quanto privilegia assolutamente gli elettorati di riferimento piuttosto che il bene comune. Il Movimento 5 Stelle ha guardato soprattutto a Sud e ai ceti sociali che l’hanno fortemente appoggiato alle ultime elezioni politiche; la Lega invece agli ultracinquantenni e alle partite Iva, beneficiate di un taglio fiscale veramente notevole.

Ma, come si diceva, il diavolo si nasconde nei dettagli, e questi sono in larga parte sconosciuti. Si prenda ad esempio il cosiddetto “reddito di cittadinanza”: l’unica cosa certa – e certamente fondamentale – è la cifra stanziata. Ma tutti i requisiti che dovranno avere i beneficiari per godere e mantenere questo sussidio, sono per ora ignoti. Si conosce la generica volontà di impedire determinati abusi (e ci mancherebbe il contrario!), ma nulla di più.

Pure sull’età pensionabile esistono molte ombre. Ai requisiti della legge Fornero – con il primo gennaio si va in pensione a 67 anni di età – si affianca un altro canale previdenziale che assomma l’età anagrafica (almeno 62 anni) con quella contributiva (38 anni). L’incognita vera, quella che ha spaventato i nostri partner europei, è un’altra: quanti saranno gli italiani che, dal 2019 in poi, accederanno alle pensioni con modalità e spesa diverse rispetto a quanto previsto nel 2011 dal ministro Fornero?
Non un dettaglio di poco conto: le stime oscillano di centinaia di migliaia di possibili pensionandi, a seconda appunto che si sia attratti o meno dalla possibilità di andarsene dal lavoro il prima possibile. E l’esito impatterà pesantemente sui nostri conti pubblici proprio perché la spesa previdenziale non è una tantum, ma si estende ovviamente su diversi anni. Ed è irreversibile per il futuro, mentre un reddito di cittadinanza può essere liofilizzato o addirittura cancellato in un amen.
Altro quesito di non poco conto è quello delle tempistiche, nemmeno queste delineate. I soldi – più o meno – sono stati stanziati; ma i provvedimenti, da quando saranno effettivi? Marzo? Settembre? Il 30 febbraio? Vedremo.

In complesso è una manovra che alza un poco il livello complessivo della pressione tributaria, che viene ancor più resa diseguale tra i vari ceti sociali. Un libero professionista potrà pagare legalmente la metà delle tasse di un dipendente privato, a parità di retribuzione. Per tante ragioni una situazione discutibile, ma elettoralmente appagante. Se i blocchi ideologici si sono ormai sciolti del tutto, quelli che si coalizzano attorno ad interessi – come dimostrano le democrazie meno ideologizzate – sono premianti. E qui ad andare in crisi è proprio il principio del bene comune.