Crisi Schneider, il PCL: occupare e riconvertire

Il 17 aprile, davanti ai cancelli della Schneider, al cambio di turno tra le 13,30 e le 14,30, nonostante la direzione della fabbrica avesse messo tutti in cassa integrazione all’ultimo momento, cambiando idea rispetto alla decisione già presa, un centinaio di lavoratori che ha avuto l’opportunità di sentire le parole di Marco Ferrando, di fare domande e di esprimere le proprie preoccupazioni per il posto di lavoro.

Da parte di Marco Ferrando, portavoce del Partito Comunista dei Lavoratori, c’è stata l’assicurazione della scelta di parte del PCL, sempre dalla parte dei lavoratori, insieme alla disponibilità di ascolto e sostegno rispetto ad ogni possibile decisione dei lavoratori della Schneider e del Nucleo Industriale Rieti Cittaducale.

Un grande abbraccio a tutti i lavoratori che si stanno per recare a Parigi, sperando di trovare soluzioni al problema.

«Una proposta – spiegano dal PCL, per rispondere anche a Luigi D’Antoni – che portava obiezioni plausibili alle possibilità di autogestione della fabbrica: una fabbrica occupata e autogestita dai lavoratori, che quindi sostituiscono il padrone incapace di gestire “la crisi”, non è detto che debba continuare a produrre lo stesso prodotto, con tutte le difficoltà reali di fornitura delle materie prime e della commercializzazione del prodotto finito».

«Per esempio – ed è già successo in Italia, precisano dal PCL – l’attività potrebbe essere quella di intervenire nella catena di pulizia ambientale, smontare e recuperare i materiali degli elettrodomestici dismessi, o anche delle apparecchiature elettroniche tipo: computers, telefoni, fotocopiatrici, ecc. I fornitori delle apparecchiature dismesse dovrebbero essere le amministrazioni locali (contribuendo alla bonifica ambientale), ma anche qualsiasi cittadino. I materiali recuperati dovrebbero essere immessi nel mercato in modo più semplice di un qualsiasi manufatto industriale».