Cresce il Pil africano. Ora si tratta di sanare gli squilibri

A livello continentale il prodotto interno lordo crescerà del 4,5% nel 2015 e del 5% nel 2016, più della media mondiale, riportando le economie africane in scia a quelle asiatiche. Sempre più lontani dalla retorica del “terzo mondo”. Più lento lo sviluppo in Nordafrica (+4,4%) e soprattutto nell’area australe (+3,5%), frenato dalle difficoltà del Sudafrica. Resta la distanza fra città e campagna.

L’Africa che cresce è una realtà. Ma anche un’opportunità da sfruttare prima che vada perduta. È la conclusione che emerge dai dati dell’African Economic Outlook 2015, il rapporto più autorevole in materia di prospettive economiche per il continente: a scriverlo hanno collaborato l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), il programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp) e la Banca africana di sviluppo (AfDB). I numeri più attesi erano quelli sul prodotto interno lordo: a livello continentale crescerà del 4,5% nel 2015 e del 5% nel 2016, più della media mondiale, riportando le economie africane in scia a quelle asiatiche e sempre più lontane dalla retorica del “terzo mondo”.

Crescita diseguale. “I Paesi dell’Africa hanno mostrato una capacità di recupero notevole di fronte alle avversità economiche globali – ha notato a questo proposito il vicepresidente uscente della AfDB, Steve Kayizzi-Mugerwa, presentando il rapporto – ma perché la crescita futura sia sostenibile e portatrice di trasformazioni, ci sarà bisogno che i suoi benefici siano spartiti in maniera più equa tra le popolazioni e che i governi continuino a perseguire politiche che promuovano la stabilità economica”. I risultati positivi registrati dal rapporto, infatti, non sono distribuiti in maniera uniforme su tutto il continente: sopra la media nelle regioni dell’est (+6,7% atteso nel 2016) dell’ovest (+6,1%) e del centro (+5,8%), l’incremento del prodotto interno lordo sarà più lento in Nordafrica (+4,4%) e soprattutto nell’area australe (+3,5%), frenata dalle difficoltà dell’economia sudafricana. Una disparità a cui si aggiunge quella tra città – storicamente centrali nello sviluppo – e campagne: in queste ultime aree, mediamente, la metà dei redditi locali è costituita da trasferimenti di denaro da parte del governo centrale. L’impatto di questi fattori sulle condizioni di vita concrete della popolazione è diretto, come mostrano i dati sull’indice di sviluppo umano (Hdi), cresciuto del 26% tra il 1990 e il 2013, con una riduzione del 5% della distanza dalla media mondiale. Se ormai 17 Paesi sui 52 presi in considerazione possono vantare livelli di sviluppo medi o alti, però, va anche notato che ad essere rimasti indietro sono quelli in cui la disuguaglianza è più forte, in particolare, nell’accesso ai servizi sanitari e all’educazione.

Opportunità per i giovani. Resta questa una delle sfide più importanti da vincere per il continente, soprattutto nel momento in cui la grande crescita della popolazione in età lavorativa potrebbe portare alle economie locali quello che gli esperti definiscono un “dividendo demografico”, cioè un riflesso positivo della crescita della popolazione su quella economica. Secondo l’African Economic Outlook, infatti il miliardo di abitanti del continente sarà già raddoppiato nel 2050: questo equivale a dire che, ogni anno, a partire dal 2030, oltre 24 milioni e mezzo di giovani entreranno in un mercato del lavoro che dovrà farsi trovare pronto ad accoglierli. L’alternativa, ha ammonito commentando questi dati John Ashbourne, analista della società di ricerche britannica Capital Economics, è veder crescere il numero di “persone disilluse e intrappolate in lavori a bassa produttività, senza le capacità o l’occasione di aver successo nell’economia formale”. La strada per evitare questo esito e trarre beneficio dall’aumento della popolazione – come già accaduto in molte società asiatiche – è però almeno in teoria già tracciata. L’Africa, avvertono gli autori del rapporto, dovrà sviluppare settori, come quello manifatturiero, in cui la manodopera gioca ancora un ruolo importante e che siano quindi in grado di assorbire la nuova forza lavoro. Dovranno perdere importanza, invece, i grandi progetti minerari, estrattivi e di agricoltura intensiva, dimostratisi capaci di produrre molti dividendi, ma non altrettanti impieghi. “Una crescita inclusiva e sostenibile – ha spiegato anche Abdoulaye Mar Dieye, direttore dell’ufficio regionale dell’Undp – è un aspetto fondamentale dell’agenda africana di sviluppo post-2015 per la trasformazione economica e sociale: bisogna investire nella costruzione di opportunità economiche, comprese quelle a livello locale, e in particolare per giovani donne e uomini che sono gli architetti dell’Africa di domani”.