Città ed Eucaristia

Rieti è ancora capace di fare la comunione?

L’Anno Eucaristico Diocesano, annunciato lo scorso Natale e avviato l’8 gennaio, muove verso la sua fase “forte”. Dal 17 al 19 giugno, infatti, si terrà il convegno ecclesiale su “Eucaristia, forma della vita cristiana”. Sarà un importante momento di riflessione per la Chiesa locale, in vista del prossimo autunno. In quei mesi infatti, in seno alla diocesi, si svolgerà una serie di indagini sul rapporto tra l’Eucaristia e alcuni temi centrali: la tradizione (Eucaristia: Pane del cammino), la vita affettiva (Eucaristia: Passione di Dio per l’uomo), la fragilità (Eucaristia: Presenza di Misericordia), il lavoro e la festa (Eucaristia nel tempo dell’uomo) e la cittadinanza (Eucaristia: Luce per la città).

Con l’Anno Eucaristico, dunque, la Chiesa di Rieti non ha posto l’accento su aspetti strettamente celebrativi. Al contrario: parte da quanto sente di avere di più prezioso e fa una proposta dinamica. Mette sul piatto un progetto di vita e interroga sull’attualità di questa offerta nel tempo presente.

Peccato che alla città questo contributo pare interessare assai poco. Potremmo dire che Rieti è troppo presa dal cambiamento politico, amministrativo, sociale e culturale per pensare a fare la Comunione. Ma chi ci crederebbe? Meglio ammettere che la Chiesa è una realtà marginale.

La secolarizzazione che attraversa il Paese passa anche sotto il Terminillo. La si legge nelle chiese sempre più vuote, nell’età media dei sacerdoti sempre più alta, in una adesione ai sacramenti che, quando c’è, spesso ha il sapore di una mera formalità, di un cristianesimo di facciata.

Non è raro sentire un clima di rifiuto, a volte di aperta ostilità, nei confronti del sacro e della religione. Sono molti pure quelli che si lamentano degli “scandali” della Chiesa e della sua “ingerenza” nelle cose dello Stato. E questo nonostante l’influenza pubblica dei suoi pronunciamenti sia scarsa, e non solo sul terreno morale. Dunque perché la città dovrebbe interessarsi all’Eucarestia?

Forse perché il gesto dello spezzare il pane e mangiarne tutti riguarda anche la dimensione laica, civile, secolare della Polis. Richiama a costruire la comunità, a tenere insieme e dare sollievo. Sfida a creare una società della comprensione, della fiducia, della inclusione.

È la direzione in cui muove Rieti? In che modo la città spezza il pane e lo distribuisce? A volte pare che ai suoi membri più potenti interessi solo contenere la spinta dei più deboli. Troppo spesso a Rieti la ricerca della tranquillità si risolve nella tutela della posizione e della rendita. Certi equilibri (o squilibri) sembrano intoccabili.

Ma non per questo chi rimane indietro smetterà di cercare il pane. Rimane aperta, in città, una richiesta di condivisione, ascolto, umanizzazione. Interrogarsi sul senso della Comunione non è poi così lontano dal chiedersi: «come partecipiamo alla vita cittadina?»

Scrive il Cardinale Martini dell’Eucaristia: «ogni volta che l’ho celebrata mi sono posto una domanda: che cosa sto facendo? Cosa stiamo vivendo in questo momento?». E ancora: «Chi siamo? Che cosa facciamo attorno a questo altare? Che significato ha il nostro essere insieme?». Sono le stesse domande di orientamento, di identità, di senso del vivere comune che dovrebbero caratterizzare la vita civile.

Con l’Anno Eucaristico la Chiesa locale prova ad aprire un dialogo, a dare un indirizzo. Ad uscire da quella sorta di marginalità cui non vuole rassegnarsi. Prova, invece, a indicare il fondamento del bene di tutti, a cercare un sostrato alla vita comune. Prepara un contributo che può essere lievito della società, un «piccolo seme di nuovi germogli».

Uno stimolo cui varrebbe la pena di prestare maggiore ascolto, almeno come compito culturale, come prospettiva di indagine, come contributo ad una vita sociale un po’ più giusta.

Troppo spesso la città ci è apparsa un anonimo contenitore di gruppi separati. Magari comoda da gestire dall’alto, ma incapace di darsi obiettivi comuni. Forse sarebbe tempo di avvicinarsi alla stessa mensa, di guardare cosa condividiamo più che ciò che ci divide, di cercare una nuova alleanza. Di metterci, ecco il punto, in comunione.