A scuola dopo il terremoto: uno scampolo di normalità

Il rientro a scuola per i bambini e i ragazzi di Amatrice è un bel messaggio per tutti. Perché la scuola è l’anima della comunità

È riuscita in tempi record l’impresa di tornare a mandare i bambini e i ragazzi a scuola nel paesaggio lunare di Amatrice. Hanno lavorato in 150, tra ingegneri, vigili del fuoco e operai per assemblare la scuola inaugurata lo scorso martedì.

Dodici giorni esatti di lavoro, giorno e notte, senza sosta, ma l’obiettivo era troppo importante. A guardarla adesso la nuova scuola sembra quasi un trenino colorato, per metà in abete e per metà in lamiera: 24 moduli prefabbricati donati ad Amatrice dal corpo dei vigili del fuoco volontari del Trentino che a loro volta li avevano ricevuti dall’università.

E ad Amatrice la stessa squadra continua a lavorare per cercare aggiungere altre briciole di normalità. Entro quindici giorni al massimo dovrebbe essere pronta anche la scuola secondaria di secondo grado. Ospiterà il liceo scientifico: 400 metri quadrati, 5 aule didattiche, segreteria, biblioteca e aula insegnanti per tornare a studiare.

Perché «la scuola è un diritto», ha detto il vescovo Domenico al momento di benedire i container: «è un privilegio, è un privilegio per tutti. Ne sanno qualcosa quelli che vivono in certe parti del mondo che al mattino fanno decine di chilometri per andarci».

Nelle parole di mons. Pompili sembra sentire l’eco di quelle di don Lorenzo Milani, quando nella sua celebre Lettera ad una professoressa rimproverava i Pierini del paese perché consideravano la ricreazione un diritto. Non avevano mai sentito dire che a scuola si va per imparare e che andarci è un privilegio.

La riapertura della scuola di Amatrice è allora una bella notizia, non per la velocità dell’esecuzione, ma per la fortuna di poterci andare, perché a scuola si impara e si cresce. Due cose che la nostra società veloce e distratta rischia di perdere.  «Si impara perché l’individuo non è già un soggetto bello e perfezionato, ma deve apprendere di continuo se non vuole ritrovarsi analfabeta di ritorno. Si cresce perché solo l’incontro con altro da sé – sia esso il maestro e i compagni – fa uscire da quell’isolamento».

Foto di Massimo Renzi.