28. Sollicitudo Rei Socialis: La Chiesa, esperta di umanità

«La Chiesa, esperta di umanità, indica nella Dottrina Sociale lo strumento per guidare uno sviluppo che esprima l’amore preferenziale per i poveri»

Nell’articolo odierno una questione permane dietro le quinte e funge da quadro di riferimento per gli approfondimenti proposti. Si tratta del ruolo della Chiesa nel rapporto con il mondo, ciò che S. Agostino definirebbe rapporto tra la città di Dio e quello dell’uomo. Un ruolo spesso contestato perché alla Chiesa si rimprovera a volte di sconfinare in problemi che non le sono propri, altre volte esattamente il contrario, di essere cioè troppo disincarnata e lontana dai problemi del mondo. Forse sarebbe meglio affermare che una delle due ipotesi viene più o meno scomodata a seconda delle convenienze del momento da parte di chi lancia la provocazione. In realtà la Chiesa è andata sempre per la sua strada nella ricerca del corretto equilibrio tra la ricerca della verità e le varie sollecitazioni che la storia le ha posto. Permane comunque un fatto: invocare l’azione della Chiesa per eliminare i mali del mondo è una tentazione che accarezza anche le menti più brillanti e impegnate, essa però ha il compito di indicare la via, l’uomo quello di elaborarla e metterla in pratica. La Chiesa “non propone sistemi o programmi economici e politici, né manifesta preferenze per gli uni o per gli altri, purché la dignità dell’uomo sia debitamente rispettata e promossa ed a lei stessa sia lasciato lo spazio necessario per esercitare il suo ministero nel mondo” (N. 41) Deve estendere la sua missione religiosa ai diversi campi dell’attività umana, e il campo più importante in questo momento storico secondo papa Giovanni Paolo II è quello dello sviluppo. La Chiesa è «esperta in umanità», nessuna istituzione si è occupata dell’uomo nella storia dell’umanità come essa ha fatto e continua a fare, e certamente tale impegno non ha riguardato solo il piano squisitamente culturale e filosofico, ma anche pratico e concreto. “Quale strumento per raggiungere lo scopo, la Chiesa adopera la sua dottrina sociale”. Essa, pur favorendo una corretta impostazione dei problemi e una più certa loro soluzione, non è una «terza via» “tra capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé. Non è neppure un’ideologia, ma l’accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell’insegnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano. Essa appartiene, perciò, non al campo dell’ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia morale. L’insegnamento e la diffusione della dottrina sociale fanno parte della missione evangelizzatrice della Chiesa”. (n. 41). Il ruolo della Dottrina Sociale della Chiesa è quindi chiaro, papa Giovanni Paolo II invita senza tentennamenti a prenderla sul serio perché occasione di conversione e praticabilità della giustizia. Non solo, egli indica anche una prospettiva alla Dottrina sociale stessa: essere in linea con il Concilio Vaticano II con il privilegiare un’opzione, l’amore preferenziale per i poveri. In questo modo tutti i punti di riferimento sono stati indicati e solo chi non vuol capire, udire, vedere, non capirà, non vedrà né udrà. I poveri chiamano in causa una importantissima responsabilità sociale “attesa la dimensione mondiale che la questione sociale ha assunto, questo amore preferenziale, con le decisioni che esso ci ispira, non può non abbracciare le immense moltitudini di affamati, di mendicanti, di senzatetto, senza assistenza medica e, soprattutto, senza speranza di un futuro migliore: non si può non prendere atto dell’esistenza di queste realtà. L’ignorarle significherebbe assimilarci al «ricco epulone», che fingeva di non conoscere Lazzaro il mendico, giacente fuori della sua porta” (Lc16,19). (n. 42). Interessante leggere i fatti contemporanei, vedi riunione dei civilissimi (anche cattolici o quanto meno cristiani) G8 e G20 alla luce di queste indicazioni, e il conseguente ruolo degli attuali “ricchi epuloni” (leggasi banche) che con una mano, piccolina, danno, con l’altra, molto grande, prendono, fingono quindi di vedere il povero, una scelta che non fa altro che fortificare le “strutture di peccato” di cui al precedente articolo.