29. Sollicitudo Rei Socialis: L’esercizio della solidarietà

«(…) il processo dello sviluppo e della liberazione si concreta in esercizio di solidarietà, ossia di amore e servizio al prossimo, particolarmente ai più poveri»

Ad una lettura veloce e superficiale dei documenti del magistero della Chiesa, corrisponde spesso l’impressione che i contenuti in esso presentati siano sempre uguali, ridondanti e ripetuti, quasi non proponessero nulla di nuovo e interessante, come un’eco che continua a riverberare all’orecchio disattento le stesse e identiche finali sillabe di una parola. Invece ogni sillaba, per continuare la metafora, è diversa, sia in se stessa, che nell’ambito del riferimento storico – culturale in cui è pronunciata e ancor più per gli elementi di novità e profetici che è in grado di esprimere. Ecco perché l’attenzione ai poveri non passa mai, purtroppo, di moda, così come la ricerca della Pace tra gli uomini o l’attenzione alla dignità dell’uomo. Questi aspetti sono riproposti e rielaborati proprio nella sezione conclusiva dell’importante Enciclica che stiamo trattando “Sollicitudo Rei Socialis” del venerabile papa Giovanni Paolo II. Il mosaico che però di compone, pur utilizzando le stesse tessere, è ricchissimo di novità e soprattutto del sapore profetico che solo la Chiesa, per tramite dell’azione dello Spirito, è in grado di comunicare all’umanità. L’idea che emerge leggendo le suddette conclusioni riguarda chiaramente un avvertimento diretto all’umanità tutta, dai potenti ai semplici. Il baratro è vicino perché le dinamiche politiche ed economiche internazionali e globali innescate dalle sciagurate scelte dei leader del mondo condurranno l’uomo verso problemi enormi, non risolvibili tramite aggiustamenti di bilancio o con qualche insabbiamento politico. Si tratta di ben altro che il Papa stesso, al n. 47 definisce senza incertezze: “i pericoli incombenti minacciano tutti: una crisi economica mondiale, una guerra senza frontiere, senza vincitori né vinti”. Era il 1987. La denuncia non esaurisce certo tutta la portata della dimensione profetica implicita nell’agire della Chiesa. Dove quindi cercare il rimedio, a cosa guardare per essere ispirati nell’affannosa ricerca di una soluzione capace di evitare il male dell’intera umanità, per fare marcia indietro, per costruire un futuro più sicuro e pacifico ? Ecco affacciarsi la perenne risposta, l’assoluta e preferenziale via da imboccare proposta, riproposta ma mai tramontata scelta fondamentale: i poveri. I poveri li avrete sempre con voi … essi hanno interpellato l’agire della Chiesa per due millenni, ora, ribadisce Giovanni Paolo II, sono la via obbligata, non possono essere più ignorati o ingannati da nessuno, perché è solo pensando a loro che si potranno scardinare equilibri consolidati, solo pensando a loro si può uscire da un sistema che non riesce più a darsi delle regole per sopravvivere perché troppo autoreferenziale e incapace di crearsi nuove strade perché le ha già sfruttate ed esaurite tutte. Scegliere i poveri significa introdurre correttivi nell’economia mondiale e conseguentemente evitare drammi terribili come una guerra senza vincitori ne vinti, significa anche salvaguardare il nostro pianeta, l’unico che abbiamo, dare quindi speranza ai figli del domani di progettare un futuro. Significa sopravvivere. I poveri quindi non come categoria sociologica, da studiare magari da qualche mega organismo internazionale che progetta mega azioni per assicurare loro un semplice bicchiere d’acqua al giorno. I poveri categoria economica, strumento di verifica per le scelte politiche e economiche, lente di ingrandimento per scovare il lato nascosto, neanche tanto, dei potenti della terra. Quei poveri comuni al mondo cristiano, a quello ebraico e quello musulmano, nonché a tutti i sistemi religiosi. In questa prospettiva le “ripetute parole” assumono un altro significato, l’eco non è più un rumore indistinto ma il terribile grido dell’intera umanità che vuole sopravvivere. L’Enciclica, che con questo articolo terminiamo di approfondire, è proclamata immediatamente dopo la grande preghiera per la Pace in Assisi. Il contesto e la prospettiva, gli stessi precedenti storici, non a caso il papa richiama spesso la “Populorum Progressio” di Paolo VI nonché la “Gaudium et Spes” del Concilio Vaticano II, aiutano a capire il senso profondo di una scelta che non può più fare i conti con un’indole riduzionista e consolatoria. Eppure c’è chi, leggendo i pronunciamenti del Magistero, rimane un po’ annoiato, quasi assuefatto sia al linguaggio che ai contenuti ….. tutte le parole sembrano uguali, senza scorgere la via da percorre, la bussola da seguire per giungere in un porto sicuro e protetto e fermarsi prima del baratro… i poveri, la loro dignità, a loro è legato il futuro del pianeta. Se ci fermiamo, rinunciando a meno di un po’ di cose, facendo spazio nel nostro spirito alla forza dell’Eucarestia, fermeremo la nostra autodistruzione.