19. Laborem Exercens: Art. n. 20: L’uomo soggetto del lavoro

Il rapporto tra lavoro e dignità dell’uomo è uno dei temi più delicati che animano il dibattito che da secoli vede contrapposte le logiche economiche e materialistiche e quelle personalistiche e finalistiche. Papa Giovanni Paolo II, nell’importantissima Enciclica che stiamo trattando, affronta la questione sottolineandone lo specifico valore morale. L’attività lavorativa trova la sua ragion d’essere fin dalla Genesi dove l’uomo è chiamato a corrispondere ad una precisa vocazione: “soggiogare la terra” perché il lavoro rendesse possibile all’uomo di raggiungere quel «dominio» che gli è proprio nel mondo visibile”. Tale chiamata esprime quindi la “fondamentale e primordiale intenzione di Dio nei riguardi dell’uomo”, indicargli “la via sulla quale l’uomo realizza il «dominio»,(…)  «soggiogando» la terra”, un fine che solo l’uomo può perseguire e che proprio per questo si qualifica l’unico e più alto compito a cui Dio chiama l’uomo stesso. L’altezza del compito qualifica ed esplicita il valore e la dignità che Dio riconosce all’uomo. Seguendo le parole del papa: “Ed è non solo un bene «utile» o «da fruire», ma un bene «degno», cioè corrispondente alla dignità dell’uomo, un bene che esprime questa dignità e la accresce. (…) perché mediante il lavoro l’uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, «diventa più uomo». Il lavoro quindi come grande opportunità per collaborare all’edificazione del regno rispondendo alla vocazione personale all’interno dell’attività che ciascuno svolge. Il lavoro come il luogo in cui conoscere e farsi guidare da Dio, esprimendo al meglio la propria umanità per essere sempre più uomini. Non quindi il lavoro come merce e il lavoratore come un ingranaggio, ma individuo che esprime liberamente la propria umanità e la porta a perfezione. Si tratta di affermare, in definitiva, secondo l’Enciclica, la natura personale del lavoro umano che non può rimanere separata dalla’altra grande dimensione in cui l’uomo realizza il piano di Dio: la famiglia. “Il lavoro è, in un certo modo, la condizione per rendere possibile la fondazione di una famiglia, poiché questa esige i mezzi di sussistenza, che in via normale l’uomo acquista mediante il lavoro. (…) la famiglia è, al tempo stesso, una comunità resa possibile dal lavoro e la prima interna scuola di lavoro per ogni uomo”. L’importanza del lavoro umano deve però essere letta tenendo conto anche di un ultimo livello di analisi, la “grande società, alla quale l’uomo appartiene in base a particolari legami culturali e storici. Tale società (…) è anche una grande incarnazione storica e sociale del lavoro di tutte le generazioni. (…) Tutto questo fa sì che l’uomo unisca la sua più profonda identità umana con l’appartenenza alla nazione, ed intenda il suo lavoro anche come incremento del bene comune elaborato insieme con i suoi compatrioti, rendendosi così conto che per questa via il lavoro serve a moltiplicare il patrimonio di tutta la famiglia umana, di tutti gli uomini viventi nel mondo”. Famiglia e lavoro … temi scottanti e attuali che il venerabile papa non spiega secondo categorie d’analisi sociologiche e economiche, ma come realtà legate la diritto naturale dell’uomo e, proprio perché tali, nessuna società può mortificarle o eliminarle. È un dato antropologicamente definito che non può essere falsificato ma solo fatto proprio e valorizzato.