20. Laborem Exercens: L’obbligo morale insito nell’attività lavorativa legato al futuro dell’umanità

La riflessione sui diritti dell’uomo inscritti nella sua realtà naturale è iniziato qualche millennio or sono anche se in epoca moderna si è tradotto in una ricchissima riflessione filosofica e economica che ancora oggi si rileva feconda e ricchissima di provocazioni e stimoli. Papa Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Laborem Exercens, sottolinea che il rispetto proprio “per questo vasto insieme di diritti dell’uomo costituisce la condizione fondamentale per la pace nel mondo contemporaneo – e continua dicendo che – i diritti umani che scaturiscono dal lavoro rientrano precisamente nel più vasto contesto di quei fondamentali diritti della persona”. Se quindi è chiaro il riferimento per una riflessione che tenti di coniugare indicazioni del Magistero e legislazione sociale in merito al lavoro, risulta altrettanto interessante approfondire la responsabilità del singolo uomo di fronte alla realtà lavorativa in cui è impegnato. Anche in questo caso il grande Pontefice è chiarissimo e “imparziale”, chiamando l’uomo a maturare precise consapevolezze. Il lavoro è prima di tutto l’ambito a cui rispondere ad una precisa chiamata del Creatore, come già ricordato nei precedenti articoli su queste pagine, ma tale aspetto dischiude quel “riguardo al prossimo” non semplicemente declinato sul piano etico – esistenziale, comune ad altri orizzonti di significato, ma anche teologico e salvifico. Infatti il prossimo non è solo colui che ci è accanto, la nostra famiglia, i figli o i fratelli, la prospettiva è ben più ampia, è la società stessa, l’umanità intera, quell’umanità che ha il diritto di sperare nel futuro, sono quindi le generazioni che verranno e che contano sul comportamento corretto e giusto di coloro che oggi lavorano e che lasceranno loro il mondo. Questo lascito trova nel lavoro la partita più importante, perché è l’attività nella quale il futuro dell’umanità affonda le proprie radici. Ciò costituisce l’obbligo morale del lavoro a cui nessun lavoratore può sottrarsi, che si estende anche alla realtà triste e inarrestabile della disoccupazione. La mancanza di posti di lavoro, anche in questi giorni ripresa sia dall’attuale papa S. S. Benedetto XVI che dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è un male che, “quando assume certe dimensioni può diventare una vera calamità sociale. Essa diventa un problema particolarmente doloroso, quando vengono colpiti soprattutto i giovani, i quali, dopo essersi preparati mediante un’appropriata formazione culturale, tecnica e professionale, non riescono a trovare un posto di lavoro e vedono penosamente frustrate la loro sincera volontà di lavorare e la loro disponibilità ad assumersi la propria responsabilità per lo sviluppo economico e sociale della comunità”. Si tratta di mortificare l’umano e il divino che è in noi: l’umano per le giuste aspettative sociali e personali, il divino perché in qualche modo si preclude ai “disoccupati” un importante ambito nel quale collaborare alla realizzazione di una società più giusta, in cui possa abitare il verbo divino, mediante la propria attività lavorativa. In riferimento alla triste realtà della disoccupazione l’Enciclica sollecita ampie collaborazioni tra poteri pubblici e privati, nazionali e internazionali al fine di realizzare piani di intervento capaci di rispettare il diritto al lavoro di tutti e aggiunge “L’obbligo delle prestazioni in favore dei disoccupati, il dovere cioè di corrispondere le convenienti sovvenzioni indispensabili per la sussistenza dei lavoratori disoccupati e delle loro famiglie, è un dovere che scaturisce dal principio fondamentale dell’ordine morale in questo campo, cioè dal principio dell’uso comune dei beni o, parlando in un altro modo ancora più semplice, dal diritto alla vita ed alla sussistenza”. Le Organizzazioni internazionali hanno in questo settore compiti enormi da svolgere e occorre che esse si lascino guidare da opportune diagnosi, scevre da condizionamenti di diversa natura, avendo solo un unico e alto obiettivo, quello di attuare la giustizia e la pace, aprendo in tal modo le porte ad un’adeguata attenzione all’istruzione e all’educazione, in una parola al bene comune. Diversamente continuerà a consolidarsi un sistema economico diabolico di proporzioni immense: “mentre da una parte cospicue risorse della natura rimangono inutilizzate, dall’altra esistono schiere di disoccupati o di sotto-occupati e sterminate moltitudini di affamati”.