“AnaMia”: nel mondo dei disturbi del comportamento alimentare

Tra i progetti del Servizio Civile del Comune di Rieti attualmente in corso, ce n’è uno dal nome “Under Pressure”. I volontari sono impegnati nello sviluppo di percorsi di prevenzione e risposta ai disagi che derivano dai disturbi del comportamento alimentare.

Anche a Rieti sono in molti a convivere con questi problemi. Per questo è importante informare, seguire, ascoltare, aiutare.

I disturbi del comportamento alimentare (DCA), riscontrabili in percentuali allarmanti nei giovani e non solo, vengono infatti troppo spesso bollati come capricci, come bizzarre manifestazioni egocentriche.

Purtroppo non è così e minimizzare può essere pericoloso. L’attitudine alla banalizzazione sfiora l’immoralità più bieca e fa perdere di vista un problema vero e serio. Deve essere riconosciuto in tempo e trattato perché è una vera e propria patologia.

Nei DCA (obesità, anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da alimentazione incontrollata e picacismo) il cibo diviene il canale preferenziale attraverso cui si realizza ogni tentativo di comunicazione tra l’individuo e la sua sfera affettiva.

Il pensiero del nutrimento comincia a dominare tutta l’esistenza, ad essere un’ossessione costante. Si finisce per perdere il ricordo di come si viveva senza il sintomo. Ad ogni risveglio la mente si sintonizza su una sola ossessione: mangio tutto o non mangio niente?

Quando il potersi scoprire fragili e vulnerabili diviene una minaccia da eludere, nel rapporto con il cibo tutto sembra misteriosamente semplificarsi e concentrarsi, darsi soluzione. In qualche modo è facile. Purtroppo è anche perdutamente distruttivo.

È il tratto di un “Io” confuso. Si ritrova disperso nel proprio nulla, con il solo inconsapevole desiderio di annientarsi. C’è un nichilismo struggente nei corpi consumati dalla rinuncia e dal digiuno. Ma è altrettanto nichilista chi ingurgita “junk food” senza sosta.

C’è chi salta il pasto in un compulsivo rituale di mortificazione di sé, solo per sentirsi leggero. E c’è chi invece lo fa dopo aver perso il controllo in un’abbuffata luculliana: un disperato tentativo di tornare indietro attraverso forti conati.

L’angoscia dei malati di DCA è tutta concentrata nella gola, la porta da cui il cibo entra ed esce. Ma al di sotto di questo male c’è una scelta sbagliata. C’è l’idea di poter dominare e gestire ciò che è naturale, attraverso un eccesso di volontà.

In realtà si profana e punisce il corpo perché così ci si sente forti.

Nel 2009 il Ministero per le Pari Opportunità promosse una campagna nazionale contro anoressia e bulimia nervosa. Lo spot di allora è ancora in condivisione su YouTube. Il leitmotiv portante era di forte impatto emotivo. Recita: “Se ami qualcuno dagli peso”.

 

A volte si percepisce come un grande vuoto da colmare, una voragine nello stomaco. È quasi un affacciarsi alla vita da un punto di vista viscerale. È una sensazione di vertigine e smarrimento che nasce dalla mancanza di comprensione.

Forse la DCA è la fragilità di una vita perfetta. All’apparenza non manca di nulla, ma nel silenzio della solitudine si scopre priva di peso, di attenzioni, di amore.

“AnaMia” è una parola dolce dal senso terribile. Ana (anoressia) e Mia (Bulimia) sono lo stesso demone. Quando lo si incontra è difficile riconoscerlo. Bisogna essere attenti perché ti pone difronte ad un bivio, a due opzioni antitetiche.

Bisogna essere svelti a capire in quale direzione si sta andando. E qualche volta anche un abbraccio può essere di aiuto. Un abbraccio in certi momenti vale come tutto l’oro del mondo.

di Francesca Supplizi e Matteo Marchionni