Postribù e Slow Food: “Acea continua a gestire l’acqua come fosse sua”

Urge per il Lazio l’approvazione della legge popolare per la gestione pubblica e partecipata dell’acqua. In questi giorni ricorre il secondo anniversario della straordinaria vittoria referendaria del 12-13 Giugno 2011 ma, abrogata la legge Ronchi, non si è ancora dato corso ad una riforma nazionale della gestione del servizio idrico integrato nella direzione voluta dagli italiani e dai comitati per l’acqua pubblica.

Così, mentre la legge d’iniziativa popolare giace ancora in Commissione ambiente alla Camera, restano ancora irrisolti problemi serissimi legati alla mala gestione privata.

“Nel Lazio ci sono due questioni serissime da affrontare tempestivamente prima che sia troppo tardi – dichiara Ines Innocentini di Slow Food Sabina – l’emergenza arsenico, che i comitati viterbesi chiedono si avvii verso una soluzione economicamente sostenibile e definitiva in quanto sta causando serie ripercussioni anche sulla qualità del cibo, e l’emergenza delle grandi derivazioni idriche, che in provincia di Rieti dura da almeno 15 anni, da quando cioè ACEA non è più titolare della concessione del Peschiera-Le Capore”.

“La Regione Lazio fino ad oggi non ha avuto il coraggio di risolvere la problematica – aggiunge Giorgia Brugnerotto dell’Associazione Postribù – ed anzi ha lasciato interi Comuni senza concessione nemmeno del minimo vitale, dando ad ACEA l’opportunità di speculare su tante piccole derivazioni di cui i Comuni della Sabina non possono fare a meno.”

I casi sono a decine, per questo si tratta di emergenza, ma i più eclatanti sono proprio quelli che riguardano i comuni cosiddetti rivieraschi, Cittaducale e Frasso su tutti, i quali, pur comprendendo i terreni demaniali dove insistono le sorgenti, sono costretti a pagare l’acqua ad un soggetto privato come ACEA che è oltretutto affidatario diretto del servizio idrico integrato dell’ATO2.

Si parla di 3,8 milioni vantati da ACEA soltanto nei confronti di Cittaducale, 3,5 milioni fatturati indebitamente al Consorzio Media Sabina, che oggi può finalmente richiedere grazie alla concessione ottenuta dalla Provincia di Rieti, quasi un milione richiesti a Frasso Sabino e Poggio Nativo che, come Consorzio Le Capore, hanno addirittura realizzato in proprio le opere di captazione.

Insomma, una situazione incredibile che spesso vede costretti i Comuni a resistere presso il Tribunale ordinario o quello delle Acque e alcuni si sono anche rivolti al Prefetto.

“Ma è dalla politica che pretendiamo immediatamente una soluzione,” concludono le rappresentanti delle due associazioni, “dalla nuova giunta Zingaretti-Refrigeri, per quanto riguarda le concessioni di grande derivazione ad enti pubblici e più in generale per l’approvazione delle legge d’iniziativa popolare per l’acqua pubblica, dalla futura giunta Marino, affinché il Comune di Roma, in qualità di socio di maggioranza, si adoperi per la ripubblicizzazione di ACEA e per l’annullamento di tutte le fatture indebite emesse ai danni dei Comuni Sabini che dovranno essere risarciti delle somme ingiustamente pagate.”