È un buon segnale la grande affluenza fatta registrare dall’evento sul Medioevo a Rieti, che ha visto lo storico Franco Cardini intervistato dal giornalista Federico Fioravanti. È vero: tante persone giunte a largo San Giorgio non hanno potuto partecipare per mancanza di spazio nella sala messa a disposizione dalla Fondazione Varrone. Non bisogna però fermarsi al malumore degli scontenti. Gli organizzatori hanno scelto l’aula più bella, accogliente e meglio attrezzata tra quelle disponibili, anche se non la più capiente. E infilarsi in un ragionamento sugli spazi della cultura in città non porterebbe lontano, perché di ambienti adatti a eventi pubblici non ce ne sono molti. Tant’è vero che le richieste di utilizzo delle grandi chiese per manifestazioni di ogni genere è oramai la prassi.
Se davvero si vuole ragionare su queste cose, bisogna uscire dalla polemica e riconoscere l’autentico disagio di chi è rimasto fuori. E cioè che la città è tutt’altro che depressa e in dismissione. Al contrario: Rieti soffre per una vitalità inespressa. Il territorio ha un potenziale più alto di quanto di solito si riconosce. A prenderne atto, si potrebbe trovare la forza per un maggiore slancio, il coraggio di arrischiarsi ad andare oltre il recinto rassicurante del “quanto basta”. E non solo riguardo agli spazi pubblici, ma anche nell’accoglienza turistica, nelle infrastrutture, nei progetti, nella logica imprenditoriale.
Più che depresso, il territorio è frustrato. La domanda di soluzioni nuove, o inedite, o semplicemente diverse è troppo spesso delusa. Ma ogni volta che si risponde a tono si resta piacevolmente stupiti dai risultati, al punto da domandarsi quali siano i meccanismi che frenano ogni slancio onesto. La paura di costruire cattedrali nel deserto può essere un fattore, ma non accade mai se si edifica guardando il cielo, per corrispondere cioè a un’esigenza diffusa e profonda e non per un interesse esclusivo e di speculazione.
L’attenzione per il Medioevo confermata dall’incontro con Franco Cardini indica una direzione possibile. Il reatino può trovare nel suo ricco passato chiavi di pensiero per dialogare con il presente e immaginare il futuro.
Bisogna ammettere che per suscitare questo movimento si fanno già diverse cose: con la Valle del Primo Presepe, la Rievocazione della Canonizzazione di san Domenico, l’Ottobre Francescano, i festival Con Francesco nella Valle e Il passo umile e lieto. Anche il grande momento religioso e popolare del Giugno Antoniano affonda le radici negli stessi secoli. E poi ci sono i santuari e il Cammino di Francesco. A tirare una riga e a fare il totale ci si accorge di trovarsi di fronte a un qualcosa di più grande della semplice somma delle parti. Un valore aggiunto che non ci possiamo permettere di ignorare.