In parrocchia

Messa nella pineta per sant’Anatolia

Per il secondo anno, il vescovo Domenico ha presieduto la Messa in onore di santa Anatolia nella pineta del convento

Per il secondo anno la ritualità della consuetudine è un po’ rielaborata causa pandemia, ma non guasta l’essenziale del clima di festa in quel di Castel di Tora. I festeggiamenti in onore della patrona sant’Anatolia, pur rimodulati, non si fermano. La batteria di colpi oscuri, il suono a distesa delle campane, il ritorno dei numerosi fuori sede al paese di origine: tutto secondo tradizione. E pure la trasferta al santuario, ancorché senza processione, con la statua portata privatamente e collocata nella pineta del convento, accanto a quell’altare in pietra che, negli anni “gloriosi” dei campi di Villa Sant’Anatolia, aveva visto tante preghiere innalzate.

È qui, per il secondo anno, che il vescovo Domenico celebra l’Eucaristia in onore della martire, affiancato dal vicario foraneo don Sante e dai due sacerdoti africani, don Robert e don Joaquin, che esercitano la cura pastorale nei paesi di questo lembo della Valle del Turano. In tanti erano radunati, nel rispetto delle regole anti Covid, all’ombra dei pini: insieme ai confratelli della Pia Unione S. Anatolia e ai parrocchiani del luogo erano presenti anche alcuni reatini saliti dalla città, come dei cantori della parrocchia di Campoloniano che, su invito del loro vice parroco don Roberto che è castelvecchiese e da sempre si occupa dei festeggiamenti assieme ai compaesani, si sono uniti al coro di Colle di Tora nell’animazione, e poi una bella rappresentanza di “Quelli di Villa Sant’Anatolia” e dell’Azione Cattolica diocesana, persone affettivamente molto legate a questo luogo.

Da monsignor Pompili, all’inizio della celebrazione, l’invito a mettersi, come la martire Anatolia che fu risoluta dinanzi alle ostilità che ai tempi dell’impero persecutore dovette affrontare, nelle mani del Signore, «chiedendoci se come cristiani sappiamo reggere l’urto di essere minoranza senza farne una scusa per non tirar fuori le nostre convinzioni e per non vivere secondo le nostre persuasioni».