Italiani in Russia: mons. Pezzi (Mosca), “con la missione di essere una casa aperta a tutti”

Il “volto” dell’Italia a Mosca: comunità unita ma non ghetto. Aperta agli altri e ponte di dialogo tra due mondi lontani che si guardano con fascino. Parla monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo della capitale russa, che domenica 19 marzo ha incontrato la comunità italiana a Mosca. Un piccolo popolo di cuochi e architetti. “Questa è la missione che io vedo e che ho chiesto alla comunità italiana: vivere con gioia la propria fede, creando occasioni d’incontro e di scambio”. E nonostante le difficoltà, i cattolici “desiderano e sperano che il Papa possa un giorno andare a Mosca”

Una piccolissima comunità italiana in terra russa, sempre e in costante movimento, tra chi arriva e chi riparte, con una grande missione: quella di essere una “casa” per i nuovi arrivati, un riferimento sicuro e gioioso per il fascino che il nostro Paese continua ad esercitare sul popolo russo, un ponte sempre aperto in tempi in cui si stanno setacciando nuovi sentieri di dialogo. Li descrive così i nostri connazionali in Russia, l’arcivescovo di Mosca, monsignor Paolo Pezzi, che domenica 19 marzo ha visitato la comunità cattolica italiana che vive nella capitale russa. La visita del vescovo – spiega il responsabile della Missione cattolica italiana, don Gianpiero Caruso – è “un’occasione privilegiata per essere sostenuti e confermati nella fede”. Durante la celebrazione eucaristica, nella parrocchia San Luigi dei Francesi, è stato anche celebrato il battesimo di una nostra connazionale. “Una ulteriore ragione di festa”, aggiunge il sacerdote.

A Mosca vivono oltre 2.000 italiani. In numero minore si trovano connazionali anche a San Pietroburgo e poi altri sparsi in diverse città della Russia e anche in Siberia. La comunità italiana a Mosca è costituita per lo più da lavoratori, uomini di affari nell’ambito del commercio. Ci sono poi cuochi e architetti, “segno di un mercato russo che guarda con fascino all’arte e alla bellezza architettonica e artistica italiane”. E poi ci sono gli italiani che lavorano nell’ambito dell’educazione con diversi insegnanti anche a livello universitario e il personale delle ambasciate con le loro famiglie. Si tratta però di una presenza che, negli ultimi anni, è fortemente diminuita, in seguito all’embargo deciso per l’intervento militare della Russia in Ucraina, che ha preso di mira tutta una serie di prodotti soprattutto alimentari determinando una diminuzione degli investimenti con un ritorno negativo anche negli altri settori.

Rispetto ad altre comunità etniche presenti nel Paese, la comunità cattolica italiana spicca per la sua capacità di “essere casa, famiglia ma non ghetto”, dice l’arcivescovo Pezzi che spiega: “Essere un luogo dove si sente questo senso comunionale e familiare, ma nello stesso tempo essere un ponte che interagisce con il luogo in cui si vive e si lavora. Una comunità quindi fortemente unita ma non chiusa”. È la missione – aggiunge subito mons. Pezzi – che “la Chiesa italiana può avere in Europa e nel mondo,

quella cioè di non rimanere chiusa e in difesa di qualcosa, ma di essere così certa di quello che ha, l’incontro con Gesù, da diventare testimone per altri”.

La costruzione dei “ponti” è sicuramente facilitata dal fascino che il popolo russo nutre per l’Italia. “È il fascino – spiega l’arcivescovo – per il mistero della fede incarnato in espressioni architettoniche e artistiche”. A questo proposito, mons. Pezzi racconta della mostra “Roma, città eterna” che si è svolta dal mese di dicembre fino a febbraio. Messi in vendita, i biglietti d’ingresso sono stati venduti tutti (oltre 200mila) dopo soli dieci giorni, segno evidente dell’“immediato interesse” che l’iniziativa ha suscitato. I russi hanno poi seguito con grande partecipazione e commozione i terremoti che hanno colpito l’Italia.

“Diversi mi hanno detto di essere rimasti toccati dalle immagini soprattutto delle chiese distrutte dal sisma”. E immediata è stata la reazione della comunità cattolica in Russia che ha raccolto una somma che è stata inviata alla Chiesa italiana come “segno di solidarietà e vicinanza”.

Eppure, i due mondi appaiono spesso lontani. Le relazioni ecumeniche sono in netta ripresa, soprattutto dopo l’incontro di papa Francesco e il patriarca Kirill a Cuba. Ma i problemi irrisolti sono ancora molti e impediscono che si compiano passi decisivi in avanti. Questi – dice mons. Pezzi – “dipenderanno dalla misura in cui siamo davvero convinti di prendere la direzione più verso un’accoglienza reciproca che non verso il mantenimento delle barriere e del pregiudizio. Dipenderanno dalla nostra volontà a conoscerci meglio. Dipenderanno dal fatto d’iniziare a porre in atto una testimonianza di carità assieme. Questi sono i segni nuovi che vedo e guarda caso molti di questi gesti sono legati agli italiani”. In che senso? “Gli italiani – risponde l’arcivescovo – sono persone che hanno una fede aperta, sono capaci di creare movimento e occasioni d’incontro. Questa è la missione che io vedo e che ho chiesto alla comunità italiana: non esser preoccupati dai numeri, dai risultati, ma vivere con gioia la propria fede laddove si è, creando occasioni d’incontro e di scambio, in cui potersi guardare negli occhi e svolgere una carità assieme”. Al quotidiano tedesco “Die Zeit” il Papa ha confidato di non poter ancora andare a Mosca. “Più che soffrirci – confessa mons. Pezzi – aumenta il desiderio.

I cattolici in Russia continuano a desiderare e sperare che il Papa venga.

Proprio domenica una famiglia mi faceva notare di essere qui da tanti anni e di aver preventivato un ritorno in Italia. Allora io ho chiesto: ma se poi venisse il Papa? E loro hanno risposto: in quel caso lo aspetteremmo qui”.