Caritas Slovacchia: da 90 anni vicini alla gente. “Ma sugli immigrati restano tante diffidenze”

Il presidente mons. Stefan Secka: “La Caritas continuerà a rappresentare una garanzia in termini di aiuto alle persone bisognose, sia nel Paese che all’estero”. Fra gli ambiti di intervento povertà, anziani, tratta. I dati di un’azione sociale e assistenziale diffusa sul territorio. Le testimonianze del primo segretario generale dopo il 1989 e di quello attuale

“La Caritas Slovacchia è un’entità vivente con grandi prospettive per il futuro”, afferma il vescovo Stefan Secka, presidente di questa istituzione, in occasione del 90° anniversario della sua fondazione. Sopravvissuta ai decenni del comunismo, la Caritas è il più grande fornitore non-governativo di servizi assistenziali e sociali nel Paese: ha al suo attivo 10 uffici diocesani, per un totale di 1.566 dipendenti, e collabora con centinaia di volontari.

Solidarietà materiale e spirituale. Questa attività caritativa cattolica in Slovacchia è stata fondata nel 1927 e il primo decennio della sua esistenza è stato caratterizzato da una forte presa di coscienza tra gli abitanti della necessità di una solidarietà materiale e spirituale con le persone bisognose. Dopo la seconda guerra mondiale, quando i comunisti stavano lentamente prendendo possesso del Paese, la dimensione spirituale dei servizi caritativi risultava “indesiderabile”.“Anche se la Caritas non è mai stata oggetto di una totale e ufficiale liquidazione, le pressioni del governo comunista hanno portato a una forte limitazione della sua attività”.Dopo diversi anni, “un solo compito della Caritas era stato mantenuto: prendersi cura delle persone negli istituti caritativi, in particolare delle religiose e dei religiosi anziani che erano tenuti lì principalmente per impedire il loro contatto con i fedeli”, spiega Juraj Barat, primo segretario generale della Caritas Slovacchia dopo la rivoluzione di velluto del 1989. La caduta del totalitarismo permette alla Caritas di rifiorire e svilupparsi in tutte le modalità operative della sua missione originaria: essere vicina alle persone bisognose. Ispirandosi all’esempio della Caritas Austria, lentamente ha iniziato a tornare alle sue radici e avviare nuovi progetti di aiuto sia in Slovacchia che all’estero.

Ascolto e relazioni interpersonali. “Il lavoro caritativo realizzato dalla Chiesa in Slovacchia non è soltanto un progetto umano, è un progetto di Dio al quale noi ci limitiamo a collaborare. La storia di questa istituzione dimostra che è proprio vero”, commenta mons. Stefan Secka, presidente di Caritas Slovacchia, il quale prosegue spiegando che quella caritativa è una delle dimensioni più importanti della Chiesa: “Certo, non possiamo proporre una ricetta per ogni sofferenza e ogni necessità, ma la Caritas ha lavorato in modo efficace per alleviare i problemi della gente. Mi capita spesso di sottolineare, non solo con i fedeli, ma con tutti quanti, che il sostegno che ciascuno di noi può offrire non consiste soltanto in un contributo economico, ma anche nell’ascolto, nelle relazioni interpersonali, nel rispondere a livello emotivo. Il mondo contemporaneo è molto veloce, lo stile di vita porta a una diffusa solitudine tra le persone, quindi è fondamentale dedicare molta più attenzione al nostro prossimo a livello personale. I servizi caritativi possono indicare la strada”.

Discriminazione finanziaria. La Caritas Slovacchia attualmente fornisce vari tipi di servizi a circa 23mila persone in difficoltà ogni anno. Gestisce 290 istituti che offrono assistenza sanitaria e servizi sociali soprattutto ad anziani, malati incurabili, persone disabili o senza fissa dimora, madri sole con bambini.“Tutte le nostre inchieste sulla situazione in Slovacchia mostrano che gli anziani e i malati nella fase terminale della loro vita rappresentano il gruppo di persone più a rischio”.Ecco perché “dedichiamo molta attenzione a questo fenomeno. Tuttavia, non è facile, perché essendo un’organizzazione non gestita dallo Stato, abbiamo un accesso limitato alle fonti di finanziamento pubbliche. La discriminazione finanziaria dei fornitori privati ​​di servizi sociali è uno degli ostacoli più dolorosi di cui abbiamo cercato di parlare con il governo, affinché la legislazione in questo settore venga modificata per poter offrire migliori condizioni e uguaglianza in materia di finanziamento”, spiega Radovan Gumulak, attuale segretario generale della Caritas. Come ci conferma, questa “battaglia” è lungi dall’essere vinta, ma il dialogo prosegue.

Un muro verso i migranti. Un’altra grande sfida riguarda il fenomeno dell’immigrazione. Gumulak afferma: “Accogliere i migranti e concedere loro l’asilo nel nostro Paese è la parte più semplice del processo. Il grosso del lavoro viene dopo, soprattutto per quanto riguarda la loro integrazione culturale e sociale in Slovacchia. Le reazioni tra i nostri cittadini variano molto, da un caloroso benvenuto al rifiuto, persino all’odio nei confronti degli immigrati. La situazione – non solo in Slovacchia ma anche in altri Paesi europei – è caratterizzata da forti tensioni in questo campo, e possiamo testimoniare che i partiti politici con una forte impostazione nazionalista ne traggono vantaggio. Di tutto questo dobbiamo tenere conto nel nostro lavoro”.

Sfruttamento e nuove schiavitù. Radovan Gumulak aggiunge che molta attenzione deve essere dedicata anche alle moderne forme di schiavitù. Benché possa sembrare un problema marginale agli occhi di molti, il fatto è che molti slovacchi – dice – lasciano il proprio Paese per andare a cercare un lavoro e la felicità all’estero, ma a volte il risultato è un lavoro in cattive condizioni, di sfruttamento, spesso con ragazze costrette alla prostituzione.

Infine, oltre ai servizi forniti in Slovacchia, la Caritas si dedica ad aiuti umanitari in Paesi in via di sviluppo o in Stati colpiti da guerre o calamità naturali.

Mons. Stefan Secka specifica: “Sono convinto che la Caritas continuerà a rappresentare una garanzia in termini di aiuto alle persone bisognose, sia in Slovacchia che all’estero. Occorre essere vigilanti, leggere i segni dei tempi e guardare sempre avanti, senza dimenticare l’aspetto spirituale del nostro lavoro”.