I giovani con Libera per la legalità: «Trasformare il deserto in un giardino»

Sul tema “Terra, solchi di verità e giustizia” si è svolta il 21 marzo a Rieti la ventitreesima Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. La lettura dei nomi delle vittime è stata accompagnata da un lungo corteo nelle vie della città e a momenti di riflessione e approfondimento partecipati da tutte le scuole di Rieti e Provincia di ogni ordine e grado

Una mattinata di primavera fortunatamente assolata dopo il maltempo delle scorse settimane ha permesso un’ottima riuscita della XXIII edizione della Giornata contro le mafie promossa dall’associazione Libera fondata da don Luigi Ciotti. Il corteo composto dalle scuole cittadine di ogni ordine e grado e dai rappresentanti del territorio è partito alle 9.30 dal piazzale della stazione per dirigersi verso la chiesa di San Domenico.

Al dibattito moderato dal giornalista Fabio Zavattaro hanno partecipato il questore di Rieti, Antonio Mannoni, il vescovo Domenico e il viceassistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica, don Antonio Mastantuono.

Una giornata vissuta insieme con gioia per farsi tutti portavoce di un messaggio incentrato sui valori della legalità e per non mollare mai la presa della richiesta di verità e giustizia. «Fermiamoci su tre parole: terra, verità e giustizia – ha detto Zavattaro in apertura – le declineremo durante la giornata, perché solo attraverso la verità conosciamo ciò che ci troviamo ad affrontare, e sarà la verità che ci aprirà le strade verso la giustizia».

Sentiti e partecipati gli interventi che si sono succeduti, attraverso riflessioni che hanno stimolato domande e suscitato emozioni nei molti giovani presenti. «Ciò che trasforma un deserto in un giardino non è l’acqua ma è l’uomo, non bastano le pietre, non bastano i mezzi»: l’intervento di don Antonio Mastantuono ha preso spunto da un proverbio africano, per sottolineare il forte bisogno di volontà ed energie da spendere nel percorso educativo, al fine di indurre i giovani a essere abitanti partecipi della propria città, poiché «occorre trasformare le città da luoghi in cui si fa fatica a vivere in luoghi abitabili per tutti, e mutare dunque il nostro deserto in un giardino». Ma essere cittadini oggi non basta, occorre una formazione, un’educazione che ci porti a essere cittadini insieme, in sinergia con le istituzioni e le autorità preposte a salvaguardare la nostra sicurezza.

Il questore di Rieti Antonio Mannoni ha ricordato la propria esperienza professionale volta a combattere mafie e criminalità organizzate: «La mafia si combatte con una forte attività investigativa e un’energica azione di contrasto, ma non senza un’adeguata educazione alle legalità non si portano risultati». Il riferimento va alle scuole, agli insegnanti, alle famiglie, a tutti coloro che contribuiscono a formare la coscienza civile nei giovani: «Le distanze da un certo tipo di comportamenti illegali vanno prese fin da piccoli, la Polizia di Stato promuove eventi di sensibilizzazione fin dalle scuole primarie, attraverso lezioni sul codice della strada e sugli stili di vita corretti che volgono verso la ricezione della mafia come un cancro da estirpare».

Il vescovo Domenico ha voluto portare un episodio personale vissuto a Torino: «Ho avuto modo di conoscere un Pubblico Ministero che ha svelato un grosso intreccio tra economia e mafia, perché nel meccanismo perverso delle mafie si insinua l’economia, soprattutto agricola, che attira perché fa riferimento a manodopera a basso costo. Ma l’agricoltura può anche essere occasione di rilancio, anche economico».

Il riferimento va ad esempi virtuosi come quello delle Comunità Laudato si’ appena presentate, al fine di salvaguardare la cura della casa comune attraverso economia ed ecologia e tramite l’impegno concreto di ognuno. Particolarmente attivi e attenti i ragazzi che hanno rivolto domande agli ospiti, prima del momento toccante della lettura dei nomi delle oltre 900 vittime innocenti delle mafie.