Giugno Antoniano 2013: le parole del vescovo

Omelia del vescovo di Rieti mons. Delio Lucarelli in occasione delle celebrazioni del Giugno Antoniano Reatino. Chiesa di San Francesco, 23 giugno 2013.

Fratelli e sorelle carissimi, in questo anno della fede e dopo le celebrazioni reatine del Giubileo Antoniano, siamo ancora radunati nel giorno in cui concludiamo con la Processione dei Ceri i festeggiamenti del mese di giugno dedicati al santo di Padova.

Vi saluto tutti e benedico voi e le vostre famiglie, e vi invito a partecipare con devozione e fede vera alla Processione di questa sera.

Il brano del Vangelo di questa domenica ha a che fare sia con la vita di sant’Antonio, la sua fede, le sue scelte, sia con la nostra vita, la nostra fede e le nostre scelte, come sempre.

Il Vangelo non è mai disincarnato dalla nostra vita, non è mai pura teoria.

Gesù chiede ai suoi discepoli cosa la gente dice di Lui e cosa Egli rappresenti per i propri discepoli.

Alcuni dicono che sia il Battista, altri il profeta Elia. Voci anonime, i detti del popolo, le voci della gente, che, a volte, dicono tutto e niente.

Ma la domanda di Gesù si fa incalzante quando lo chiede ai suoi discepoli: voi chi dite che io sia? E Pietro risponde: Tu sei il Cristo di Dio.

Anche Antonio ha risposto: Tu sei il Cristo di Dio!

Non è facile dare questa risposta. Non fu facile per lui e non è facile per noi, anche per noi uomini di Chiesa, non è facile per nessuno. Non è solo una frase fatta, da ripetere come un ritornello. È il terremoto della nostra vita: la fede è come un terremoto che scuote le nostre viscere.

Ma una vita senza interrogativi profondi, senza crisi dolorose e pericolose, non si pone domande.

Antonio rispose a Cristo dopo che aveva fatto esperienze di vita che lo avevano messo a stretto contatto con la morte. Quando fu protagonista di un naufragio si accorse che la sua vita poteva valere molto poco, poteva essere vulnerabile e precaria.

Gli interrogativi che ci spingono spesso a testimoniare Cristo sono quei naufragi che ci costringono a farci delle domande molto serie su noi, le nostre scelte, il senso del nostro vivere.

Antonio, ancora frate agostiniano, era partito in missione per il Marocco dove, tra alterne vicende, aveva contratto una malattia. Dopo un lungo travaglio interiore chiese di tornare in Italia e di farsi francescano. Nei pressi delle coste siciliane l’imbarcazione su cui viaggiava insieme ad altri, naufragò e lui fu salvo per intervento di un certo Fibonacci, matematico di Pisa, che aveva portato i numeri arabi, quelli che usiamo ancora oggi, dall’oriente in occidente.

Non fu il naufragio in sé a far cambiare a Fernando, poi Antonio, la sua vita. Egli era già un uomo di Dio, un giovane e promettente teologo.

Ma il naufragio gli fece vedere la vita in una prospettiva diversa.

Non sembri secondario che proprio un uomo di scienza come Fibonacci abbia salvato Antonio dalle onde del mare in tempesta (era il mese di gennaio del 1221).

Questo fatto mi colpisce molto e mi fa riflettere anche sul rapporto tra la scienza e la fede.

Pensate!

In occidente i numeri arabi furono portati da studiosi francescani e il più grande algebrista e aritmetico cristiano del medioevo fu proprio Leonardo Fibonacci, la cui sequenza aurea è ancora oggetto di studio.

Antonio di Padova frequentava queste persone, che lo affascinavano e lui, a sua volta, affascinava loro.

Questi studiosi avevano saputo dire, anche loro: Tu sei il Cristo di Dio! Non vi era nessuna opposizione tra fede e ragione, tra fede e scienza.

Potremmo dire, inoltre, che fu proprio la scienza a salvare – tra virgolette – la fede di Antonio.

Fu uno scienziato che salvò materialmente Antonio dalla tempesta, ma fu anche la grande riflessione culturale del giovane e promettente Antonio a farlo determinare ancora di più per Cristo.

Questo ci suggerisce alcune importanti considerazioni, che dobbiamo anche saper trasmettere ai nostri giovani: la fede nel Cristo Figlio di Dio non è in opposizione alla cultura, anzi entrambe vivono l’una dell’altra; la vita è piena di naufragi (degli affetti, del lavoro, del significato stesso che diamo alla nostra esistenza), ma dobbiamo avere fiducia che il Signore, nel quale riponiamo ogni nostra speranza, ci invia sempre qualcuno per darci una mano, soprattutto chi ci sembra tanto lontano da noi e dalla nostra vita.

La fede è stata per Antonio il vero approdo, ma ad un tempo, anche il vero inizio di un viaggio, breve e intenso verso la Città eterna in cui Egli ha sempre creduto.

Visse pochi anni, 36, ma viaggiò molto, predicò duramente contro il male e il peccato, insegnò ai frati francescani la teologia, ma soprattutto seppe fare quel viaggio interiore di ricerca di Dio che lo ha reso Santo.

Carissimi, non dobbiamo scoraggiarci se la vita ci riserva amare sorprese o prove ardue e insidiose, se incappiamo nei naufragi che ci fanno vedere la morte in faccia, poiché in quelle circostanze la grazia di Dio ci viene in aiuto.

Lo abbiamo recitato nel salmo: Tu sei il mio aiuto, la tua destra mi sostiene.

Il braccio del Signore ci afferra, per opera di qualcuno che ci sta accanto, e ci sostiene, se noi siamo capaci di fidarci di Lui e di cercarlo: così nel santuario ti ho cercato, per contemplare la tua potenza e la tua gloria.

Cerchiamo il Signore nel santuario della nostra vita, fin dall’inizio: all’aurora ti cerco, di te ha sete la mia anima, come terra deserta, arida, senza acqua.

Antonio di Padova ci insegni a cercare sempre il Signore, a riconoscerlo nella nostra vita come il Cristo di Dio.

Egli è la nostra àncora di salvezza.

Alla scuola di Antonio impariamo la matematica dell’amore, a Dio e al prossimo.

Lui è il nostro Fibonacci, che ci aiuta a superare i naufragi della fede e della vita.

Con questo spirito siamo pronti a rinnovare la nostra adesione di fede, con la speranza e il coraggio che ci dà il Santo di Padova.

Amen.