Emergenza lavoro: la voce delle religioni

«Garantire un lavoro decente per tutti è un imperativo se si vuole restaurare un equilibrio e mettere i valori umani al centro delle scelte politiche».

Su questa convinzione sono scesi in campo i rappresentanti delle diverse tradizioni religiose – cristiani (cattolici e protestanti), ebrei, musulmani e buddisti – che su invito dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), hanno collaborato alla stesura di un testo dal titolo “Convergenze: lavoro decente e giustizia sociale nelle tradizioni religiose”. Il testo è stato diffuso oggi, nel giorno stesso in cui l’Organizzazione internazionale pubblicava il suo Rapporto annuale sull’emergenza occupazione soprattutto nel mondo giovanile e alla luce di questi dati allarmanti, l’Ilo ha richiamato i rappresentanti religiosi per un confronto “interreligioso” sui temi della dignità umana, la solidarietà e la giustizia sociale, la difesa dei diritti del lavoro e la sicurezza, il lavoro forzato e il lavoro minorile, la libertà sindacale e la discriminazione.

I dati.

Il mondo si trova ad affrontare una “sfida urgente”: creare 600 milioni di posti di lavoro produttivi nei prossimi dieci anni per generare una crescita sostenibile e preservare la coesione sociale. Lo si legge nel Rapporto annuale dell’Ilo sul mondo del lavoro. “Dopo tre anni di crisi cronica sui mercati del lavoro globale e nel contesto di un ulteriore peggioramento dell’attività economica, la disoccupazione colpisce attualmente 200 milioni di persone in tutto il mondo. Nonostante gli sforzi compiuti dai governi, la crisi occupazionale non conosce tregua: un lavoratore su tre nel mondo – circa 1,1 miliardi di persone – è disoccupato o vive sotto la soglia di povertà. I giovani continuano ad essere tra quelli più colpiti dalla crisi occupazionale. Alla luce della situazione attuale, nel Rapporto viene sottolineato che c’è poca speranza che le prospettive di lavoro possano migliorare in modo sostanziale nel breve termine. Nel 2011, sono 74,8 milioni le persone disoccupate tra i 15 e i 24 anni, con un aumento di oltre 4 milioni dal 2007.

Mancanza di riferimenti etici.

“Una prima tappa di un viaggio comune che porterà all’avvento di una nuova era di giustizia sociale fondata sui nostri valori comuni”. Così il direttore generale dell’Ilo, Juan Somavia, presenta il testo “Convergenze: lavoro decente e giustizia sociale nelle tradizioni religiose”. Alla stesura dei diversi capitoli, hanno collaborato per la tradizione cristiana il Consiglio mondiale delle Chiese, per la Chiesa cattolica il Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, per la parte musulmana l’Organizzazione islamica internazionale Isesco. Si tratta di una prima tappa di un lavoro comune di ricerca che proseguirà in futuro.

“In un’epoca contrassegnata dalla peggior crisi che il mondo abbiamo conosciuto dalla Grande Depressione – dice Somavia – sempre più individui pensano di non contare più nulla, che la dignità umana non vale se non per i discorsi e che la mondializzazione manca di riferimenti etici. Il malcontento aumenta e la disperazione si espande”. Il direttore generale dell’Ilo parla di “salari di miseria, condizioni di lavoro precario, scioperi, lavoro in nero, lavoro forzato, lavoro minorile, protezione sociale insufficiente”.

Il testo presentato oggi nasce dalla convinzione che “la spiritualità e i valori sono essenziali per la ricerca di una mondializzazione equa”.

Una comune preoccupazione.

Le comunità religiose hanno aderito al progetto perché – si legge nell’introduzione del testo – condividono la “comune preoccupazione dei loro fedeli: per esse, il lavoro è al centro di ogni vita umana. Un lavoro decente, realizzato nel rispetto della dignità umana e della sicurezza del lavoratore aiuta a garantire una vita degna alle famiglie e ai loro bambini. È dunque a beneficio di tutti e di tutta la società”. Per l’elaborazione del testo gli esperti delle religioni in campo sociale si sono incontrati ad Addis-Abeba, Dakar, Ginevra, Santiago. La convergenza di valori, che il testo riflette, mostra chiaramente che “insieme possiamo contribuire all’avvento della pace grazie soprattutto alla giustizia sociale. Il lavoro è al cuore della vita di molti nostri contemporanei. Le comunità religiose e i loro responsabili ne sono coscienti. E sono preoccupati per i giovani. Vogliono che la dignità, la sicurezza e l’aspirazione alla giustizia sociale siano elementi centrali della vita di ciascuno. Il processo di dialogo che abbiamo intrapreso, mira a gettare ponti per cercare soluzioni a queste preoccupazioni”.