Italia

Violenza alle donne, dopo il lockdown aumentano gli Sos. E mancano i rifugi

La fine della quarantena ha innescato un aumento vertiginoso di richieste di aiuto ai Centri antiviolenza. Nelle case di accoglienza non ci sono posti. E le vittime aumentano

A dispetto di una certa propaganda razzista, che vorrebbe i migranti come prototipi perfetti del maschio aguzzino, a maltrattare le donne sono soprattutto “uomini” italiani. Spesso conviventi o comunque conoscenti delle vittime. Una tendenza confermata anche dai dati raccolti da Di.re, l’associazione che riunisce la rete dei centri antiviolenza del Paese. La responsabilità dell’80% dei casi di maltrattamento è infatti riconducibile a nostri concittadini, come spiega ad Avvenire la presidente, Antonella Veltri, e di frequente avviene all’interno di relazioni di intimità consolidate. La fine del lockdown ha peggiorato ulteriormente la situazione: «Come avevamo preannunciato abbiamo avuto un incremento delle domande di aiuto – racconta Veltri –. Già nel periodo compreso tra marzo e maggio abbiamo ricevuto 3mila richieste al mese, quasi il doppio rispetto alla media dello stesso periodo dell’ultimo anno di rilevazione, il 2018. Ma con la fine della chiusura le donne in difficoltà che ci hanno chiesto sostegno sono aumentate ancora di più».


3.000 la media del numero delle richieste di aiuto

arrivate ai centri antiviolenza nei mesi di marzo e aprile 2020


​La criticità maggiore è stata quella di soddisfare le domande di accoglienza nelle case rifugio: «Durante la pandemia abbiamo avuto problemi per ospitare le vittime, con bambini soprattutto, ma anche sole – continua la presidente di Di.re –. Non solo perché le nostre case erano già piene, ma soprattutto per le conseguenze dell’emergenza sanitaria. Abbiamo chiesto più volte che a queste donne venisse fatto il tampone. Ma ci sono state difficoltà proprio per le norme anti-Covid. In qualche caso abbiamo dovuto rinunciare, lasciando fuori madri di famiglia».

Sulla carenza di spazi c’è stata anche un’interlocuzione con la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, e della Famiglia, Elena Bonetti: «Abbiamo avuto modo di richiedere l’intervento delle Prefetture, perché offrissero stabili nuovi dove allocare le donne che avevano bisogno di lasciare immediatamente la loro realtà domestica – dice ancora Veltri –. C’è stato un ritardo estremo nella risposta. In alcune province sono state le prefetture a chiamare noi per sapere come muoversi. A quel punto ci siamo autorganizzate con reti di volontariato e abbiamo fatto sì che le vittime fossero allocate in strutture alberghiere, in un caso anche in un istituto di suore. Il governo ha dato ascolto alle nostre istanze ma la presa in carico non è stata adeguata».

+78% l’incremento delle denunce di violenze in ambito familiare durante il mese di marzo 2020
Nel frattempo il problema permane. Le case rifugio sono piene e le nuove richieste vengono gestite, per quanto possibile, con scambi interregionali. Ma resta un deficit quantitativo strutturale e il numero di case non è adeguato alle necessità, come invece dovrebbe essere in ottemperanza della convenzione di Istanbul (della quale Di.re continua a chiedere la piena applicazione). La situazione, però, potrebbe aggravarsi ancora di più. E per rendersene conto basta mettere in fila alcuni dei più recenti episodi consegnati alla cronaca. Emblematico il caso della madre di famiglia di Torino, salvata da un marito violento grazie a una chiamata al pronto intervento della Polizia, alla quale si è rivolta fingendo di ordinare una pizza. Una circostanza simile era già avvenuta alla fine di luglio, a Cesena, quando un’altra donna ha chiesto aiuto a una sua amica simulando una chiacchierata al telefono e permettendo così alle forze dell’ordine di rintracciarla.

È di una settimana fa la chiusura delle indagini a carico di un uomo di 40 anni, finito a processo a Brescia con l’accusa di stalking, lesioni aggravate, violenza sessuale e sevizie nei confronti della fidanzata di 24 anni. La giovane è stata vittima per due anni di maltrattamenti, tra cui bruciature e morsi, prima di trovare il coraggio di denunciare alla polizia quello che le stava succedendo. Sabato 22 agosto, a Pavia, i carabinieri hanno raccolto le testimonianze di una madre che assieme alla sua bimba di otto anni si era “rifugiata” da una settimana nel reparto di Pediatria del Policlinico San Matteo, dopo che aveva sporto denuncia contro il convivente per aggressione e minacce.


338 il numero totale dei Centri antiviolenza in Italia

(36 le donne assistite in media da ogni centro)


Aumentano anche le violenze sessuali e i molti casi di molestie. Lunedì 24 agosto tre uomini sono stati arrestati dalla polizia per violenza sessuale nei confronti di una donna di 54 anni, svenuta a causa dell’alcol all’interno del parco delle Cave di Milano. Domenica scorsa due turisti italiani sono stati arrestati a Barcellona, mentre la settimana precedente un 22enne di Napoli è stato denunciato a Roma per aver palpeggiato una coetanea a Trastevere. Lo stesso giorno, a Livorno, quattro ragazzi, tutti maggiorenni, sono stati indagati per violenza sessuale nei confronti di un’altra giovane.

Da ultimo va registrata un’altra circostanza: a seguito delle proteste di Di.re, Giulio Ferrara, condannato in via definitiva per violenza sessuale, e nonostante questo rieletto alla presidenza della Cotrab (Consorzio trasporti Basilicata) si è dimesso. Ma il fatto che fosse stato riconfermato dà l’idea di come il nostro sia sempre meno un Paese per donne.

da avvenire.it