Il vero comunicare

Matteo racconta l’evento straordinario del monte della Trasfigurazione

Dopo il Vangelo di domenica scorsa, Gesù messo alla prova nel deserto, in questa seconda domenica di Quaresima Matteo ci racconta l’evento straordinario del monte della Trasfigurazione; nel testo mette in evidenza il volto trasfigurato di Cristo e la voce che esce dalla nube e avvolge i tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni. Loro saranno anche i testimoni delle sofferenze di Gesù nel Getsemani. La montagna è il luogo dell’incontro dell’uomo con il Signore. Sul monte, Mosè riceve le tavole della legge, e su un monte, il Nebo, si ferma ad ammirare la terra promessa senza poterla raggiungere; su un monte, il Sinai, Davide costruisce la città di Gerusalemme. Sul monte, probabilmente il Tabor, Gesù si manifesta sotto un altro aspetto; accanto a lui Mosè ed Elia, che rappresentano la Torah e i Profeti, dunque l’Antico Testamento. Come per dire che antico e nuovo si fondano, e i due sono testimoni della venuta del Messia e tutto ciò che è stato prima della venuta di Cristo nella storia della salvezza è accanto a lui. A partire da quel nomade, Abramo, chiamato da Dio a lasciare la sua terra e la sua casa per iniziare un cammino a lui sconosciuto, guidato dal Signore.
Il monte, dunque, come luogo privilegiato di una vicinanza fatta di ascolto, incontro e preghiera; il luogo, ricordava Papa Francesco “dove stare alla presenza del Signore”. Dobbiamo, dunque, salire al monte, cercare uno spazio di silenzio per trovare noi stessi e cogliere meglio la voce del Signore. Ma dobbiamo anche scendere, ritornare in basso; l’incontro con il Signore, nell’ascolto e nella preghiera, è importante, ci dice Papa Francesco, ma dobbiamo tornare tra “i nostri fratelli appesantiti da fatiche, malattie, ingiustizie, ignoranze, povertà materiale e spirituale”.
La trasfigurazione è anche messaggio per un corretto comunicare: da un lato il volto che ci pone di fronte a una persona, a un “tu”. E in questo vedere ecco la voce, l’ascolto di una parola che rivela il mistero e ci mette davanti a noi un evento che non può restare nel chiuso del nostro essere. La luminosità che caratterizza quel volto è occasione, ricorda Papa Francesco all’Angelus, per “illuminare le menti e i cuori dei discepoli affinché possano comprendere chiaramente chi sia il loro Maestro. È uno sprazzo di luce che si apre improvviso sul mistero di Gesù e illumina tutta la sua persona e tutta la sua vicenda”.
Il nostro quotidiano comunicare con le altre persone è segnato proprio da un volto che vediamo e da una voce, una parola che ascoltiamo; il vero comunicare, non quel parlarsi attraverso uno schermo di computer o di un tablet, senza avere un contatto fisico diretto. Senza l’incontro con lo sguardo dell’altro il nostro comunicare, il nostro desiderio di comunione, rimane bloccato, intrappolato nel nostro “io”.
Gesù conosce cosa l’attende a Gerusalemme così vuole preparare i suoi allo scandalo della croce, scandalo “troppo forte” per la fede dei suoi. Sul monte Tabor, li prepara “per quel momento triste e di tanto dolore”, e preannuncia loro “la sua risurrezione, manifestandosi come il Messia, il Figlio di Dio.
Si manifesta a Pietro, Giacomo e Giovanni in modo diverso alle loro attese, ricorda il Papa: “non un re potente e glorioso, ma un servo umile e disarmato; non un signore di grande ricchezza, segno di benedizione, ma un uomo povero che non ha dove posare il capo; non un patriarca con numerosa discendenza, ma un celibe senza casa e senza nido. È davvero una rivelazione di Dio capovolta”. Ma in questo capovolgimento il “segno più sconcertante” e scandaloso è proprio la croce; ed è attraverso la croce che “Gesù giungerà alla gloriosa resurrezione”. La croce “è la porta della risurrezione”. È qui il messaggio di speranza: “la Croce cristiana non è una suppellettile della casa o un ornamento da indossare, ma è un richiamo all’amore con cui Gesù si è sacrificato per salvare l’umanità dal male e dal peccato”.