C’è sempre da coeducarsi perché la famiglia che si crea possa navigare spedita nel mare aperto della vita
“Tutte le famiglie felici si assomigliano, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo”. Per quanta sia la mia venerazione per il grande indagatore dell’animo umano che risponde al nome di Lev Tolstoj, continuo a nutrire dei dubbi nei confronti del suo immortale incipit ad Anna Karenina. Se da un lato questo aforisma invita a ricordare quanto la sofferenza sia l’humus privilegiato per una drammaturgia che ambisca all’attenzione del pubblico… (il male fa ahimé più notizia del bene quanto un temporale fa più rumore di una nevicata); dall’altro mi chiedo se non sia altrettanto vero che, per esempio, le piccole gioie quotidiane di ogni nucleo famigliare siano segrete, peculiari e uniche tanto quanto i drammi, i dolori e le fatiche.
La dimensione familiare è un universo variegato tanto quanto l’uomo e le combinazioni sono così infinitamente differenti che qualunque generalizzazione, con buona pace delle scienze sociali e statistiche, rischia di non centrare il bersaglio. Ciò detto, mi smentisco affermando che vi sono dei capisaldi del buon vivere familiare su cui l’esperienza comune e la letteratura che ne deriva si sono ormai consolidate. Una delle pietre miliari del dibattito sulla “costruzione della famiglia” è il rapporto con le famiglie di origine, i genitori e i suoceri. Un tema apparentemente “laterale” ma che, invece, nella concretezza assume uno spessore notevole e che, infatti, è ormai d’obbligo nei programmi dei corsi prematrimoniali, ma anche negli incontri di spiritualità famigliare per coppie già sposate. Possibile che questo argomento sia sempre così caldo? Alcuni esegeti fanno risalire la delicatezza della questione alla solerzia con cui Gesù guarì la suocera di Pietro. I malevoli sostengono che fosse molto meglio che la signora si rimettesse e servisse a tavola, piuttosto che inferma a letto avesse più tempo per interloquire…, ma boutades evangeliche a parte, lo stesso Papa Francesco in quella miniera che è l’esortazione apostolica Amoris Laetitia dedica non poco spazio a questo tema: “sposarsi è un modo di esprimere che realmente si è abbandonato il nido materno per tessere altri legami forti e assumere una nuova responsabilità di fronte ad un’altra persona” (AL 131): ‘L’uomo lascerà suo padre e sua madre’. Questo a volte non si realizza, e il matrimonio non viene assunto fino in fondo perché non si è compiuta tale rinuncia e tale dedizione. In alcuni matrimoni capita che si nascondano molte cose al proprio coniuge, che invece si dicono ai propri genitori, al punto che contano di più le opinioni dei genitori che i sentimenti e le opinioni del coniuge” (AL 190).
Sfido qualunque marito e qualunque moglie a negare che si siano trovati almeno una volta al limitare di questo rischio che il Papa mette in evidenza in modo così schietto. Chiunque capisce che non si tratta di venir meno al quarto comandamento, ovvero di onorare il padre e la madre, né tanto meno di rifiutare loro l’assistenza nella vecchiaia, e questo ovviamente anche nei confronti dei genitori del coniuge, da considerare sempre risorse e interlocutori preziosi e non concorrenti o addirittura nemici.
Ma questa dedizione ai genitori che ci ricorda che siamo sempre tutti figli, mai dovrebbe cedere il posto ad una sorta di sudditanza, ad una mancanza di soluzione di continuità, quel famoso taglio del cordone ombelicale che – contraddicendo la vulgata – non riguarda solo il maschio bamboccione attaccato alla sottana di mamma, ma può anche riguardare le giovani o meno giovani mogli che ancora non sono riuscite a far posto al marito sul piedistallo riservato a loro padre.
È chiaro che questo mondo di emozioni e comportamenti non può essere lasciato solo alle gag della pubblicità in cui giovani casalinghe disperate competono con l’icona della suocera italica, sorta di insuperabile Sibilla Cumana, dispensatrice di ricette culinarie ed esistenziali. Si tratta di cimentarsi in un campo in cui psicologia e spiritualità possono convergere virtuosamente se ne sappiamo usare gli strumenti senza confusione, e possibilmente con l’aiuto di una guida. Figli si nasce e genitori si diventa: di certo sempre c’è da coeducarsi perché la famiglia che si crea, lasciati i rimorchiatori in porto, possa navigare spedita nel mare aperto della vita.
La preoccupazione che le suocere si intromettano nella vita di relazione ed anche affettiva della coppia forse non è più così tanto al centro dell’attualità con riferimento alle cause di criticità nei matrimoni rispetto ai quali si possono lamentare le eccessive interferenze per vari motivi da parte dei suoceri.Oggi infatti constatiamo una sorta di debolezza dei rapporti nella coppia che insorge, già ab origine nel senso che non c’è certezza su quale sia il grado, l’intensità della volontà che la costituenda coppia metta nell’avviarsi a tale progetto di vita. Oggi si è già suocero/a a vent’anni/trent’anni con mentalità completamente diverse dal punto di vista culturale-religioso da quelle che caratterizzavano le famiglie patriarcali di una volta in cui pesavano le opinioni dei genitori su tutte le coppie che si formavano. Oggi persone che hanno figli giovanissimi, anch’essi con figli per genitorialità precoci, vivono infatti con libertà superiori a quelle dei genitori di una volta che avevano figli avviati al matrimonio. E proprio la pratica di queste libertà che fanno percepire la preferenza per forme più emancipate di vita personale, ha portato tanti adulti a “perdere di vista” la vita le scelte o non scelte dei propri giovani figli precocemente emancipati ( finanche senza risorse e indipendenza economica ) nella vita dei quali essi non intervengono.Cioè non tutti i genitori si interessano veramente dei figli. Salvo ritrovarsi coinvolti in eventi negativi in cui questi ultimi, i figli, si trovano ad incappare per immaturità o per mancanza di educazione e per l’abbandono di prassi relazionali riferite alla famiglia secondo tradizione. Insomma credo che le coppie nascono già con sentimenti per così dire deboli, con poca fede reciproca e scarsa consapevolezza, e perciò candidate a pericoli di rotture, abbandoni, tradimenti, indifferenza, egoismi , disfacimento alla prima criticità. Sono troppe le pressioni che gravano dall’esterno sulle coppie .Perciò non credo siano più i suoceri il pericolo, ma sono: la TV spazzatura che propone sin da bambini modelli di pseudo famiglie fondate sul nulla, mancanza di ideali, nessun impegno, perseguire fuochi fatui senza sostanza e quant’altro. Mercificazione dei corpi, coppie improbabili, svalutazione di qualsiasi legame con la famiglia di origine che invece può garantire un contesto di cooperazione, di mutuo soccorso, di solidarietà di amore ed impegno reciproco per cui si è perso il senso della certezza di poter contare su qualcuno: tutti sono soli , spesso disperatamente soli data anche l’assenza di soccorso ed accompagnamento da parte dello Stato che invece in altri Paesi più avanzati sussiste e sostiene le giovani coppie e le aiuta a consolidarsi. Comunque per ricostruire qualcosa di migliore, possiamo sempre cominciare, giustamente, con il curare di più i ruoli dei familiari degli sposi.I familiari sono una risorsa che deve tornare preziosa per la famiglia.Perchè la coppia non perda la bussola!
Maria Laura Petrongari