Valle del Primo Presepe, grande partecipazione alle iniziative inaugurali

È stata inaugurata sabato 2 dicembre, in tre momenti, l’iniziativa che coinvolge Greccio e Rieti alla riscoperta della dimensione originaria del presepe.

È stata caratterizzata da una grande partecipazione, sabato 2 dicembre, la giornata inaugurale della “Valle del Primo Presepe”. L’iniziativa promossa dalla Chiesa di Rieti in collaborazione con i Comuni di Greccio e Rieti, il sostegno della Fondazione Varrone, la partnership di Autostrade per l’Italia e Regione Lazio e il contributo di Confcommercio, Associazione Italiana Amici del Presepio e Fondaco ha dunque colto qualcosa di vivo nel contesto locale, che andava solo sollecitato e riscoperto.

Note in cammino

Nonostante qualche inciampo “da prima volta”, infatti, lo sforzo compiuto per rimettere al centro l’intuizione avuta a Greccio da san Francesco nel 1223, ha trovato l’apprezzamento di quanti sono stati chiamati a scoprire i diversi “nodi” del percorso approfittando degli itinerari di “Note in cammino”. L’inaugurazione della “Valle del Primo Presepe” ha così coinvolto anche gli studenti di tante scuole reatine, del Liceo musicale, delle associazioni musicali e del Conservatorio, che con entusiasmo hanno animato con le note cinque diverse “stazioni”, incluse in altrettanti tour in contemporanea per il centro cittadino. Tante esibizioni rese possibili dall’aiuto prezioso e discreto di Musikologiamo, che ha provveduto al service audio nelle diverse location.

Gli allestimenti

Oltre 400 le persone che hanno partecipato, guidate dai soci del Cai e dalle guide turistiche della città alla scoperta delle esposizioni presepiali nelle chiese e negli edifici più significativi. Si va dai presepi “di carta” della Sala Calasanzio di via Sant’Agnese, al presepe “scenografico” del teatro, dalle sagome presepiali immerse nello scenario del Ponte romano all’imponente presepe “tedesco” ospitato nell’oratorio di San Pietro Martire di quello che un tempo era il convento dei domenicani e oggi è la caserma “Verdirosi”. Non mancano alcune proposte “didattiche”, pensate per entrare nel vivo della storia del presepe, come nel caso dell’esposizione disposta nella chiesa di San Francesco per ripercorrere l’evoluzione delle rappresentazioni della natività dalle origini del cristianesimo, o della proposta calata nel suggestivo scenario della cripta della Cattedrale, che modula l’attenzione sui dieci “protagonisti” degli allestimenti presepiali, letti come testimoni dello stratificarsi dei significati assunti dal presepe al cambiare del gusto e dei tempi.

Presepe e terremoto: la lettura di Sidival

Il cuore del percorso espositivo è custodito sotto negli archi del Palazzo papale. Le solide volte sono infatti diventate un tutt’uno con il linguaggio espressivo di Sidival Fila. L’artista e frate francescano ha interpretato il messaggio di fede e di speranza, soprattutto per i poveri e i diseredati, implicito nell’esperimento che san Francesco volle realizzare nel Natale del 1223, rivolgendolo alla desolazione di una terra e dei suoi abitanti, martoriati dalle scosse di terremoto che ebbero per epicentro Accumoli e Amatrice. L’installazione sotto gli archi vede così una sorta di dialogo tra le opere originali di Sidival e diverse statue di figure sacre recuperate tra le macerie delle chiese. Al cuore dell’esposizione un presepe di sofferenza, che vede protagonisti un Bambinello privo di un piede, adagiato su un frammento d’altare che lascia trasparire l’impressione di un sarcofago. A vegliare su questa figura ferita, l’intensa figura di una Madonna “mesta”, le cui mani sono strette in un atteggiamento di preghiera che non sembra avere nulla di consolatorio. Sidival fa cadere così il velo della «divina indifferenza»: ricorda che Dio si fa completamente uomo, anche partecipando pienamente della sua sofferenza. Non a caso, all’ingresso della mostra, il visitatore è atteso da un gruppo di statue di santi, anch’esse ferite, scheggiate, rotte dalla violenza del terremoto: «Ho voluto levare il sacro dal piedestallo, in modo che le statue stessero in mezzo alla gente» spiega il frate di origini brasiliane, che nei suoi pezzi originali lavora sulle trame, sulle ricuciture dei tessuti, sulla ricostruzione della speranza. A questo alludono le tre opere poste di fronte al Bambinello mutilato e alla Madonna addolorata: tre “Fenici” – opere di filo intrecciato con cenere – simbolo della ri-nascita, della speranza / certezza della risurrezione.

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Il momento inaugurale

Tutti gli itinerari attraverso i “nodi” del percorso reatino della “Valle del Primo Presepe” hanno poi trovato un punto di convergenza nella chiesa di San Domenico. Qui il vescovo Domenico, ha idealmente tagliato il nastro della manifestazione, dopo il saluto dell’assessore alla cultura del Comune di Rieti, Gianfranco Formichetti, del suo omologo di Greccio, Federico Giovannelli, e della presidente facente funzione della Fondazione Varrone, Mariella Cari che al termine del percorso ha parlato della “Valle del Primo Presepe” come di un progetto «ambizioso negli scopi e complesso nell’organizzazione», che «non si realizza solo in questo anno» e che necessita «di una visione integrata», di sistema, da parte dei Comuni, ma anche delle altre istituzioni, affinché si riesca a «dare una identità al territorio» e anche a garantire un «ritorno di tipo economico e turistico».

Concludendo, il vescovo ha preso spunto dall’ultimo libro di Massimo Cacciari, Generare Dio, nel quale il filosofo sottolinea che i cristiani per primi avrebbero un po’ abolito il Natale. «Noi qui nella Valle Santa – ha detto mons Pompili – non lo abbiamo mai potuto fare né potremo farlo: qui del Natale è stato scoperto il significato più profondo grazie a Francesco, in quella famosa notte del 1223. Questo è lo scopo della “Valle del Primo Presepe”, ritrovare questo significato originario del Natale: una missione vitale per quel che riguarda la fede, e perché è la cifra spirituale e culturale del nostro territorio».

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Inaugurazione anche a Greccio

L’inaugurazione della “Valle del Primo Presepe” ha conosciuto una seconda tappa a Greccio, nel pomeriggio. Nuovamente insieme alle Amministrazioni dei due Comuni coinvolti, mons Pompili ha salutato l’avvio della manifestazione in quello che è stato riconosciuto come uno dei Borghi più belli d’Italia. Dopo l’introduzione del sindaco Antonio Rosati, e alla presenza dell’assessore reatino Gianfranco Formichetti, il vescovo ha ricordato che tornare a Greccio vuol dire riscoprire il sapore iniziale del presepe, «che da qui si è diffuso in modo virale».

La concentrazione sull’essenziale concepita da Francesco, la scena che vede solo le figure dell’asino e del bue con in mezzo la mangiatoria, «ci dice due cose: la prima ha a che fare con la fede, è Dio che si fa uomo, ed è una notizia incredibile; la seconda ha a che fare con le crociate, a quel tempo significava dire che non erano necessarie se Greccio poteva essere la nuova Betlemme». Ma tornare all’essenziale vuol dire anche un’altra cosa: «è prendere consapevolezza di una certa declinazione di stampo anglosassone, che dal primo dopoguerra, a partire da Babbo Natale, hasostituito la figura di san Nicola e quello che significava nella cornice del Natale. Pure san Nicola distribuiva doni, ma dentro una cornice che aveva un suo senso compiuto». Una deriva da cui «bisogna guardarci senza demonizzazioni, ma sapendo che non è il punto di partenza». Mettendo al centro della scena una situazione difficile e insieme di speranza, san Francesco ci ha dato una interpretazione del Natale «meno sdolcinata e più realistica», aiutandoci anche a cogliere come la gioia non sia dettata da condizioni esterne, «ma da un sussulto interiore».

Conclusione al Vespasiano

L’intensa giornata si è infine conclusa al teatro Flavio Vespasiano, con il concerto Verso la Chiarastella, di Ambrogio Sparagna e Raffaello Simeoni, accompagnati dal Coro dell’Oratorio San Filippo Neri di Roma diretto da Anna Rita Colaianni. I musicisti hanno proposto un ciclo di canti popolari dedicati al Natale, con alcuni appropriati innesti da altri repertori, capace di suscitare una grande energia, profonda gioia ed entusiasmo nel pubblico. La serata, condotta da Sabrina Vecchi, prelude ad un secondo appuntamento con il maestro Sparagna previsto per il 20 dicembre nella chiesa di San Domenico.