Una settimana all’ordinazione di mons. Pompili: l’attesa nella preghiera

Manca una settimana esatta all’arrivo di monsignor Domenico Pompili in Diocesi. E ieri pomeriggio nella chiesa San Domenico, la comunità ecclesiale si è stretta attorno a mons. Delio Lucarelli per dare inizio ad un tempo di più intensa preghiera: logistica e organizzazione sono importanti, ma l’invito della Chiesa reatina è innanzitutto al raccoglimento, a guardare nel profondo, a ricordare che «negli eventi ecclesiali opera lo Spirito Santo».

A portare un aiuto a questa prospettiva è stato chiamato monsignor Lorenzo Chiarinelli, che con «venerazione riconoscente al vescovo Delio» e «come augurio al vescovo eletto Domenico» ha riflettuto davanti a religiose, frati, sacerdoti e laici sulla figura del vescovo.

Un ruolo non assimilabile a quello del Prefetto, del Sindaco, di un ufficiale dell’esercito o di un professore: il vescovo non ha concorsi da superare o una carriera da fare, non è abilitato da una scuola né si candida alle elezioni e fa campagne elettorali. «Il vescovo è il pastore delle nostre anime» ha spiegato don Lorenzo facendo riferimento dalla prima lettera di Pietro («potremmo chiamarla la “prima enciclica” di un Papa»), è colui che deve «pascere e sorvegliare, prendersi cura del gregge di Cristo».

Un ministero da svolgere aderendo al Vangelo, diventando modello per la propria comunità, insegnando con la vita: si tratta di «entrare nel disegno di Dio, fare propria la vitalità del Vangelo, sapere come – in maniera singolare – Dio ci chiede di essere dentro la storia». Perché l’opera del pastore è «accogliere, accendere il fuoco, preparare pane e pesce: è di questo che vive la comunità dei credenti».

Un compito da assumere liberamente, volentieri, ma «la gioia del sì a Dio» non è un’adesione scontata: anche Pietro, quando viene scelto da Gesù come pastore del suo gregge è spiazzato, quasi sopraffatto da quel «mi ami tu?», ripetuto tre volte da Cristo.

Il vescovo è infatti chiamato ad «una realtà grande», a «mirare in alto», ma «non per sé, ma per gli altri»: «la figura del Pastore nasce dall’amore, e se questo amore matura nel cuore delle persone allora il ministero è profondo» spiega don Lorenzo ricordando che questa è la direzione del motto episcopale di mons. Pompili, «Ut fructum afferatis»: è tutta la comunità ecclesiale che deve diventare capace di portare frutto.

E a giudicare dalla partecipazione registrata in questo periodo di preparazione, quella reatina sembra proprio pronta a rispondere positivamente all’invito.