Una proposta di laici targata Brescia sulle relazioni di fatto

Dal fronte Lgbt è subito partita l’accusa di “lobby cattolica”, senza entrare nel merito della riflessione e sulle argomentazioni dal sapore schiettamente laico. Si parte dall’analisi della società e in particolare dalle “forme di convivenza tra coppie diverse da quella matrimoniale” per riflettere sulle conseguenze giuridiche.

Nella Brescia di Paolo VI si discute sul registro delle coppie di fatto. In realtà il tema non è ancora all’ordine del giorno del consiglio comunale, ma è fermo in commissione. In questo contesto è arrivato nei giorni scorsi, non senza alimentare polemiche, un documento di matrice laica che cerca di stimolare una riflessione senza cedere all’ideologia. Le associazioni e il comitato locale ad hoc (“Nuove famiglie uguali diritti”) che fa riferimento alla rete Lgbt e che preme per il registro ha accusato la “lobby cattolica” e ha puntato il dito contro alcuni esponenti della maggioranza di Palazzo Loggia che hanno sottoscritto il documento.

La genesi. Sono in 25 e hanno messo nero su bianco 17 punti (si possono consultare sul sitowww.lavocedelpopolo.it) molto tecnici sulle relazioni non matrimoniali. Sono laici impegnati in politica e nel sociale, volti noti nel panorama bresciano e anche nazionale. Tra i firmatari, figurano i deputati Maria Stella Gelmini (Forza Italia), Marina Berlinghieri e Guido Galperti (Pd), il consigliere della Regione Lombardia Michele Busi (Patto Civico) e altri esponenti del mondo associativo, tra cui il presidente delle Acli provinciali, Roberto Rossini, oltre a illustri docenti come Luciano Eusebi.

La premessa. Il documento parte dall’analisi della società. “Oggi sono constatabili, più frequentemente che nel passato, forme di convivenza tra coppie diverse da quella matrimoniale: in particolare, coppie di fatto tra una donna e un uomo e, sebbene in numero molto più contenuto, coppie omosessuali. Realtà, queste, che esigono rispetto, che sono in grado di esprimere valori umani e il cui sussistere non risulta irrilevante, nei modi appropriati, dal punto di vista giuridico”. Visto che la tipologia delle coppie di fatto tra una donna e un uomo appare variegata, “è difficile immaginare che un numero elevato di tali coppie desideri la formalizzazione del loro rapporto, né pare, del resto, che questa possa essere imposta. Sarà da considerarsi, piuttosto, l’eventuale opportunità di un intervento legislativo il quale, in aggiunta alle specifiche norme che già danno rilievo, in diversi contesti, alle relazioni di fatto, precisi le conseguenze giuridiche che derivino dalla sussistenza di tali relazioni, specie con riguardo ai doveri che ne debbano scaturire; anche indicando i limiti in cui possano ritenersi validi eventuali accordi contrattuali stabiliti tra i membri di tali coppie”.

I legami omossessuali. Questo, però, “non riguarda in modo automatico i legami omosessuali, circa i quali non è prevista una formalizzazione giuridica del rapporto. Per cui rispetto ad essi è andata emergendo negli ultimi anni la proposta che il rilievo giuridico del legame venga ricollegato non solo al protrarsi di fatto, nel tempo, del medesimo, bensì anche, con regole proprie, a una dichiarazione resa in modo pubblico, a priori, dalle persone in esso coinvolte. Si tratta di un orientamento che va in controtendenza rispetto alla fuga da vincoli giuridici riscontrabile in molte coppie composte da una donna e da un uomo. Non può ritenersi, pertanto, che la generalità delle coppie omosessuali intenda formalizzare il rapporto, assumendo specifici doveri: così che la proposta di permettere simile formalizzazione appare orientata, in via prioritaria, a perseguire un accreditamento etico-sociale del legame che si stabilisca tra persone omosessuali”.

La parola al Parlamento. “Riteniamo che la compresenza nella coppia, e la reciproca integrazione, del femminile e del maschile, rappresentino una ricchezza inestimabile della vita umana e che, come tali, la dimensione del femminile o del maschile siano connaturate all’essere dell’individuo umano, e non l’esito di una scelta discrezionale”. Viene ribadito che il matrimonio riveste un ruolo fondamentale dal punto di vista umano e nella comunità civile, come del resto attesta la Costituzione. Il testo indica come la considerazione giuridica di questa realtà complessa non possa far leva, data la materia coinvolta, su atti di carattere amministrativo. “Ogni iniziativa di carattere amministrativo – così si conclude il documento – che coinvolga gli enti locali o le regioni, la quale preveda adempimenti che non siano già consentiti dalla legge, appare, di conseguenza, illegittima”.

La voce del vescovo. Il documento dei laici si inserisce nel dibattito all’interno della città e rilanciato dall’intervento del vescovo Luciano Monari in occasione del Te Deum: “Se riteniamo che la famiglia sia il bene della società, la strada è quella di favorirla rispetto ad altre convivenze; non per un pregiudizio ideologico o morale, ma per il servizio che la famiglia offre alla società. Se riteniamo invece che la tendenza a impiantare convivenze senza impegni migliori la società perché rende le persone più felici, il loro riconoscimento giuridico avrà un senso”.