Omelia è “conversazione con autorità”, ma l’unica autorità «è quella di essere vostro fratello». E «con questa autorità di fratello coi capelli bianchi» padre Luigi Faraglia si è trovato a presiedere – in sostituzione del vescovo, impegnato in Vaticano al Sinodo – la prima Messa del festival francescano. Parlando dal palco allestito in piazza San Francesco, che oltre ai dibattiti si trova così ad accogliere pure l’altare per le celebrazioni a causa dell’improvvisa chiusura precauzionale della chiesa, padre Luigi si rivolge a quanti hanno recepito l’invito a vivere queste particolari giornate “Con Francesco nella Valle”.
Il sacerdote dei Frati Minori Conventuali, che assieme agli altri due confratelli (un minore e un cappuccino) compone la comunità interobbedenziale di San Rufo, nel presiedere l’Eucaristia concelebrata con altri presbiteri francescani e diocesani, ha invitato i presenti a vivere questi giorni nello spirito francescano di fraternità: «Un mondo di fratelli, quello francescano», fedelmente alla logica di Gesù che viene a creare un mondo nuovo rispetto a quello “di guerra” a cui fa riferimento il brano evangelico del giorno. «Dio si è fatto fratello in Gesù e ha fatto degli apostoli una fraternità. La Chiesa, alla luce del Vangelo, è una fraternità». I fratelli di Cristo, dice lui stesso, sono quanti ascoltano e mettono in pratica la sua parola, «e questa è la grande novità di Gesù». Quella novità che ha scoperto Francesco d’Assisi, «un laico che in un periodo in cui la Chiesa aveva un gran potere, lui che ha sofferto sulla sua pelle la rottura di fraternità con un padre che amava più i soldi della famiglia e che per seguire il Signore dirà sulla piazza “ora faccio parte di un’altra famiglia”. E con lui anche Chiara dovrà sperimentare una famiglia che si rompe e si ricrea attorno a Gesù».
Il pensiero di fra Luigi va dunque a Francesco che, rotti i suoi legami familiari, da Assisi «arriva qui a Rieti, vede questa bellissima pianura circondata dai monti, fiumi, laghi, la bellissima creazione di Rieti… E questa creazione è per Francesco un canto di lode. E qui troverà non solo quelli che oggi chiamiamo i santuari, ma qui in questo luogo, prima che sorgesse questa chiesa, un lebbrosario, dove sicuramente è venuto, perché era compagno dei lebbrosi, dei fratelli scartati. Questa chiesa è sorta in quel luogo, vicino al luogo dove in genere erano i lebbrosi. Poi salirà a Palazzo Papale per incontrare il Pontefice nelle viuzze di questa cittadina, dove aveva trovato degli amici. Qui dunque Francesco ha trovato un clima di fraternità nella natura e nelle persone». Ed è allora bello «celebrare la fraternità in questo contesto, proprio nell’odierna giornata dell’11 ottobre, giorno in cui nel 1962 in cui iniziava il Concilio» per opera di un altro “piccolo uomo” Giovanni XXIII, che padre Faraglia ricorda essere venuto quell’anno ad Assisi, dove lui si trovava novizio al Sacro Convento, per pregare, lì e a Loreto, per l’evento conciliare.
Oggi siamo in un contesto «in cui la Chiesa glorifica Francesco perché è stato un profeta: ha intuito anzitempo questo cammino. E noi siamo qui per celebrare la fraternità, come Chiesa del Concilio», anche in riferimento alla scelta della comunità diocesana reatina, in questo anno pastorale, di «mettere al centro la domenica come tavola della fraternità». E dunque «in un contesto ecclesiale, non solo francescano, perché quello di Francesco è diventato stile di Chiesa, e come stile di Chiesa anche stile di popolo: uno stile di fratello».
E allora per essere fratelli “con Francesco nella Valle” l’augurio di essere «veramente strumenti di fraternità». Francesco è profeta, «ci ha aperto la strada. Siamo qui in questi giorni per fare la parte che Cristo ha insegnato a Francesco e insegna anche a noi».