Sono Robear, robot e infermiere

Dal genio ingegneristico nipponico, un utilissimo supporto per i disabili

Mi presento: sono Robear, simpatico robot con le fattezze da orsacchiotto polare. Già, avete capito bene, è proprio questa l’ultima invenzione sviluppata dai ricercatori giapponesi del Riken Research Institute (Wako, Tokyo), in collaborazione con la Sumitomo Riko (Nagoya). Una specie di “androide” (con le sembianze di un animale), ma molto diverso da quelli spaventosi e assassini dei film di fantascienza.

Robear (“robot” + “bear”, orso) non è un banale capriccio tecnologico partorito del genio ingegneristico nipponico, bensì un’utilissima invenzione di supporto alle persone con disabilità ed anche a chi le assiste quotidianamente. Esso è infatti in grado di sollevare i pazienti su sedia a rotelle, aiutandoli a trasferirsi sul letto, ad andare in bagno o semplicemente sostenendoli mentre camminano con difficoltà. Un “infermiere speciale” insomma, che unisce tecnologia avanzata ed estetica accattivante. Il robot, infatti, che pesa ben 140 Kg ed è alto 1,5 mt, è guidato da un software e tre diversi tipi di sensori, tra i quali delle strutture “tattili” costruite in gomma, per calibrare la forza e la posizione necessarie per sollevare in maniera delicata e senza scossoni ogni tipo di paziente, senza recare alcun danno. È in grado di muovere pesi fino a 80 Kg e, grazie ai roller e alle sue gambe estendibili, può sollevare i pazienti anche in spazi molto ristretti e trasportarli nel luogo desiderato. La versione attuale, ancora sperimentale, ha un’autonomia di funzionamento di circa 4 ore e la sua batteria in litio è ricaricabile direttamente in corrente. Gli obiettivi a breve termine sono la riduzione del peso del robot e l’esecuzione di test che garantiscano l’incolumità del paziente durante l’operazione al 100%.

Sotto il profilo estetico, Robear ha un aspetto molto rassicurante e simpatico, è di colore bianco e sul suo faccione grasso e simpatico, plasmato su quello di un orsetto polare, spiccano grandi occhi scuri ed orecchie tonde. Può anche emettere suoni divertenti, se dovesse trovarsi al cospetto di un paziente più piccolo. Insomma, un enorme “peluche” dalla forza sovrumana. Per queste sue caratteristiche combinate, sembra che Robear stia spopolando negli ospedali giapponesi, richiesto a gran voce soprattutto dagli operatori sanitari che assistono le persone non autosufficienti. Sullo sfondo c’è la questione dell’invecchiamento demografico che preoccupa non poco le autorità sanitarie del Giappone, dato che ben 33 milioni di cittadini residenti (più di un quarto della popolazione) hanno più di 65 anni. Di conseguenza, ogni anno, sono sempre più i pazienti che affollano le case di cura, costringendo badanti e personale ospedaliero ad una media (secondo i dati di una ricerca) di oltre 40 “sollevamenti” giornalieri, operazione che, oltre alla faticosità, costituisce una delle principali cause di dolore lombare, con pesanti conseguenze sulla resa lavorativa degli operatori. Particolarmente prezioso, quindi, risulta l’aiuto dei robot che, in quanto macchine, non sono soggette a stress o momenti di debolezza, tipici dell’uomo, risultando così particolarmente adatti a questo tipo di compiti. “Speriamo veramente che questo robot possa dare un contributo agli infermieri – ha dichiarato Toshiharu Mukai, leader del team di ricerca – in modo da alleviare le loro fatiche mentre svolgono il loro mestiere. Intendiamo continuare con la ricerca verso un robot che sia in grado di assistere completamente gli anziani e i pazienti”. Si va dunque verso la robotizzazione dell’assistenza agli anziani? Per ora Robear non è in grado di sostituire interamente le persone. È sempre l’infermiere, infatti, che deve fissare le cinghie e metterle sotto il paziente, oltre che controllare da vicino l’intero processo di movimentazione. Ma, con il prosieguo degli anni, esiste il rischio reale che cresca la tendenza a ridurre il personale umano a favore di quello robotico, col pericolo di licenziamenti di massa, oltre al rischio di un impoverimento della qualità “umana” dell’assistenza. Un’Ultima nota: non si conosce ancora il costo di Robear, né quando potrà essere distribuito su scala industriale. Ma il futuro è già oggi, costi quel che costi!