Verso il Sinodo

#SiamoQui: i giovani italiani con Papa Francesco. Il bilancio degli incaricati regionali dopo l’evento di Roma

Dal dialogo tra il Papa e i giovani al Circo Massimo e dal saluto rivolto in piazza san Pietro prima della preghiera dell’Angelus, sono emersi spunti e riflessioni che tracciano una strada, in attesa del Sinodo di ottobre. Il commento “a caldo” degli incaricati regionali della pastorale giovanile.

Al ritorno dalla due giorni di Roma, nello zaino dei ragazzi e degli adulti che li hanno accompagnati sono finiti emozioni nuove, immagini che andranno a far parte dell’album dei ricordi, tanta gioia, ma anche parole forti che sono arrivate dritte al cuore.

Papa Francesco infatti è stato schietto, non ha usato mezzi termini e non si è sottratto alle domande, impegnative e senza retorica, che i giovani gli hanno presentato. Dal dialogo al Circo Massimo e dal saluto rivolto in piazza san Pietro prima della preghiera dell’Angelus, sono emersi spunti e riflessioni che tracciano una strada. In attesa del Sinodo di ottobre.

«Papa Francesco ci ha dato i compiti per casa», sorride don Paolo Sabatini, incaricato della pastorale giovanile delle Marche, per il quale «ora dobbiamo raccogliere tutte le indicazioni che ci sono state consegnate in questi giorni, che sono stati l’aperitivo del Sinodo, per poter iniziare a lavorare». Del resto, gli fa eco don Nicola Ban, del Triveneto, sono emerse alcune questioni che «mettono in collegamento i due Sinodi sulla famiglia che sono stati già celebrati e quello del prossimo ottobre sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale».

Se i Sinodi precedenti avevano evidenziato «la difficoltà dei giovani a fare delle scelte definitive e a costruire una famiglia», adesso bisogna «parlare ai giovani di famiglia e di professione come luoghi di espressione del sé, di manifestazione della vita e nei quali si può collaborare alla costruzione del Regno».

Messaggio forte e chiaro, per i giovani, ma anche per gli adulti e il mondo ecclesiale. È arrivato cioè il momento, per tutti, di “uscire dal pessimismo e guardare verso l’alto”, aggiunge don Enrico Perlato, della Sardegna. I giovani, che secondo don Carmine Lamonea, della Basilicata, rappresentano «quella Chiesa in uscita di cui parla papa Francesco», hanno «bisogno di rischiare, sapendo però di non essere soli, di avere qualcuno vicino, pronto eventualmente a rimettere a posto i pezzettini, senza giudicare», osserva don Renato Barbieri, della Toscana. Nel suo discorso, infatti, Bergoglio ha chiamato in causa anche gli adulti e il mondo ecclesiale, stigmatizzando il clericalismo.

«Ci ha detto che la Chiesa senza testimonianza è solo fumo: questa espressione così forte – rileva don Ivan Rauti, della Calabria – ci richiama all’essenzialità del Vangelo, al fatto che più che le parole contano l’impegno nella vita quotidiana e l’appartenenza a Cristo».

I ragazzi, continua don Alberto Gastaldi, della Liguria, «chiedono che siamo fedeli alle parole che pronunciamo e segni profetici, cioè di far vedere che il Vangelo può essere attuabile ancora oggi e rende felici».

#SiamoQui, la voglia di vivere da protagonisti. Per don Davide Abascià, della Puglia, «i pellegrini, arrivati per mille strade, ognuno con la propria storia, con la propria vocazione, da territori e culture diverse, erano lì per dire il loro ‘eccomi’, il loro ‘ci siamo’». Hanno «apprezzato molto il fatto che Francesco sia stato vicino al loro mondo e al loro linguaggio, li abbia spronati a tirare fuori il meglio di loro stessi, in modo determinato e con una proposta chiara», afferma don Nicola Florio, incaricato regionale dell’Abruzzo e del Molise.

«Le sue – rimarca don Gaetano Gulotta, della Sicilia – sono parole che stimolano a mettersi in discussione, per riprendere il cammino con forza e nuovo vigore». I messaggi che il papa ha lanciato durante la Veglia rappresentano per i giovani «uno scossone fortissimo ad entrare nella verità e a non lasciarsi sfuggire la giovinezza quasi fosse sabbia tra le mani», dice don Luca Ramello, responsabile della pastorale giovanile del Piemonte e della Valle d’Aosta, sottolineando che l’invito è «a vivere in profondità, da protagonisti” e che “questo è possibile solo se la vita la si vive con Cristo, che è la condizione e non un’aggiunta».

Insieme, ancora in cammino per costruire il domani. Il pontefice «ha incoraggiato i ragazzi ad avere prospettive, a non fermarsi, a trovare energie nella speranza, che è l’elemento che muove», ricorda don Marcello Palazzi, dell’Emilia Romagna. Nel “botta e risposta” che ha caratterizzato l’incontro al Circo Massimo, Francesco ha fatto riferimento «con grande realismo cristiano» al sogno e alla paura, «due categorie – spiega don Samuele Marelli, della Lombardia – ben presenti nei giovani che per eccellenza hanno sete di futuro e per i quali il sogno è la modalità per poter incanalare questo desiderio, ma che spesso hanno anche tanta paura, che qualcuno definisce il nuovo demone della società odierna».

Quelli di cui parla il papa, precisa don Antonio Scigliuzzo, del Lazio, «sono sogni veri, che sono alla portata perché sono dentro ognuno e ognuno sa fin dove può spingersi per realizzarli».

Spesso, però, ammette don Francesco Riccio, della Campania, «sono sogni incomprensibili per noi adulti, scomodi, perché ci mettono in discussione, sconvolgono i nostri piani certi». Di qui l’invito «ad andare avanti, avere coraggio, correre, ma anche avere la capacità e la pazienza di aspettarci».

Solo così infatti, conclude don Riccio, «potremo aiutare i giovani a realizzare quei sogni che non si comprano, non si fanno con le pasticche, ma devono costruire il domani».

Stefania Careddu per il Sir