Mensa di Santa Chiara

Sette rifugiati afghani accolti a Fonte Colombo grazie alla Mensa di Santa Chiara

Due famiglie afghane, sette persone in tutto con due bambini, sono da alcuni giorni ospiti della foresteria del convento di Fonte Colombo, seguite per tutte le loro necessità dai volontari della Mensa di Santa Chiara

Ricordate ancora la fuga di uomini, donne e bambini dall’Afghanistan dei talebani? Ad agosto sarà giusto un anno: gli Stati Uniti che da un giorno all’altro annunciano il ritiro delle loro truppe, gli aerei presi d’assalto da chi temeva repressioni e vendette, la ressa infernale intorno all’aeroporto di Kabul, le famiglie divise, gli spari sulla folla.

Per 300 afghani per i quali restare in patria avrebbe significato persecuzione certa e morte probabile, il viaggio verso la salvezza è terminato la settimana scorsa a Roma grazie al primo corridoio umanitario reso possibile dall’accordo tra Stato italiano e un cartello di organizzazioni cattoliche, valdesi e laiche tra cui Cei e Comunità di Sant’Egidio che si faranno carico dell’accoglienza.

All’aeroporto di Fiumicino a dare loro il benvenuto c’era la vice ministra degli Esteri Marina Sereni, che ha ricordato l’impegno preso dal governo italiano un anno fa e ha parlato di «situazione gravissima». Nel suo piccolo anche Rieti farà la sua parte: due famiglie, sette persone in tutto e tra loro due bambini, sono da alcuni giorni ospiti della foresteria del convento di Fonte Colombo, seguiti per tutte le loro necessità dai volontari della Mensa di Santa Chiara.

«Avevamo dato la nostra disponibilità alla Comunità di Sant’Egidio lo scorso anno, quando scoppiò la crisi afghana: Roma era al completo, cercavano spazi di accoglienza fuori», dice la responsabile Stefania Marinetti. «L’organizzazione del corridoio umanitario è stata più lunga e complessa del previsto. Queste persone si erano rifugiate in Iran e Pakistan: c’è voluto un anno per portarle in Italia. Le famiglie che ospitiamo noi appartengono alla minoranza Hazara: con i talebani in Afghanistan sono praticamente condannate».

A Fonte Colombo resteranno fino a settembre. Nel frattempo si sta cercando di trovare un alloggio a Rieti città – i bambini devono andare a scuola, i grandi devono pian piano inserirsi – e naturalmente sbrigare le pratiche per ottenere lo status di rifugiati, l’assistenza sanitaria e tutto quello che serve per cominciare una nuova vita. I volontari della Mensa li affiancheranno in questo percorso, «ma non ci nascondiamo le difficoltà», aggiunge Stefania.

«Le crisi umanitarie si susseguono, lì per lì c’è emozione e partecipazione, ma poi si dimentica e si passa oltre. Per le popolazioni coinvolte però non è così. Sono problemi giganteschi, che passano sopra le nostre teste, eppure qualcosa lo possiamo fare anche noi».