Covid

Senza vaccino 2,4 milioni di over 60. Dove sono e perché ora rischiano

I più anziani, per cui la campagna è partita prima e il Covid è più letale, restano ancora scoperti davanti alla minaccia della variante Delta in molte aree. In ritardo Calabria, Sicilia, Campania

Si deve tornare ai numeri, per capire cosa potrebbe succedere nel nostro Paese con l’avanzata della temibile variante Delta. Che – in questo i casi inglese e israeliano fanno scuola – ha dalla sua parte contagiosità e capacità di “bucare” la prima dose di vaccino, ma non quella di far ripartire la curva dei ricoveri e dei decessi. È l’effetto delle immunizzazioni, s’intende: laddove risultino completamente vaccinate le categorie più esposte al rischio di ospedalizzazione e di decesso (gli over 60 e i più fragili, ormai coperti da due dosi in entrambi i Paesi), il Covid anche nella sua ultima versione non fa danno. Ed ecco perché a quelle categorie occorre guardare ora più che mai, davanti alla possibilità sempre più concreta di una ripresa dei contagi anche nel nostro Paese. Se non ora, a partire da settembre.

La campagna vaccinale italiana procede al ritmo sostenuto di circa 500mila somministrazioni al giorno, dose più dose meno: appena due giorni fa è stato registrato il superamento delle 50 milioni di dosi inoculate, con ormai il 53,8% degli over 12 che ne hanno ricevuto almeno una e il 30,2% che ha completato il ciclo con due (o che ha ricevuto il monodose Johnson&Johnson). È la fetta di popolazione per cui non preoccuparsi. O meglio, per chi ha ricevuto la prima dose soltanto (un 23,6%) il rischio di infettarsi – specie con la variante Delta – è ancora alto, ma si tratta di persone comunque “conquistate” alla causa vaccinale: hanno già un appuntamento fissato, da qui a fine agosto, e saranno messe al sicuro in tempo per l’autunno. Quanto agli altri (il 30,2% degli italiani, appunto), sono coperti: se contrarranno il Covid, non alimenteranno l’occupazione di posti letto in ospedale e soprattutto non rischieranno di morire.

Fin qui i conti generali, incoraggianti. Ma è entrando nelle pieghe anagrafiche e soprattutto geografiche della situazione che si incontrano i primi problemi, perché a quella stessa causa vaccinale mancano ancora all’appello troppi dei nostri fragili – 2 milioni e 402mila per l’esattezza – e da troppo tempo. Nonostante i molteplici, ripetuti annunci e inviti fatti alle Regioni da parte del commissario Figliuolo a occuparsene.

L’esempio degli over 90 è eloquente: circa 815mila persone da Nord a Sud secondo i dati Istat, le prime a cui è stata data la facoltà di prenotazione già a febbraio, quasi ovunque raggiunte al domicilio per le vaccinazioni o ricoverate nelle Rsa. Di queste l’89% risulta infatti completamente vaccinato, l’8,2% in attesa del richiamo e circa il 3% “non pervenuto”.

Poco male, considerando che la soglia di allerta per i non vaccinati è il 5%: peccato che questa percentuale in Calabria salga al 19,65%, in Sicilia al 18,4%, in Campania al 16,9%, in Alto Adige al 12%. Territori dove per ragioni diverse non si è riusciti a raccogliere la sfida di raggiungerli, magari nei paesi più periferici, nelle situazioni più gravi di povertà o fragilità, complice la difficoltà di coordinare la campagna con il sistema sanitario locale e i medici di base.

Un meccanismo che invece ha funzionato, tanto per fare qualche esempio virtuoso, in Emilia Romagna, in Veneto, in Toscana, in Umbria, in Puglia, nella pur ritardataria Lombardia: qui tutti gli over 90 hanno ricevuto la prima dose (nessuno escluso), nella maggior parte dei casi anche la seconda. È evidente come una ripresa dei contagi, dunque, potrebbe pesare in termini di ospedalizzazioni e mortalità nei territori dove gli over 90 risultano più scoperti: il Covid, va ricordato, accresce la sua pericolosità all’aumentare dell’età.

Per la fascia 80-89 la situazione è su per giù la stessa: oltre l’87% di vaccinati a livello nazionale, meno del 6% in attesa della seconda dose, il 6,8% non pervenuti (si tratta di 252mila persone circa). Anche qui Calabria e Sicilia fanno peggio di tutti: la prima con oltre il 17% di non vaccinati (tre volte tanto la media del resto del Paese), la Sicilia addirittura oltre il 18%, contro Toscana, Veneto e Puglia che si fermano al 2%. Peggio la situazione generale nella fascia 70-79: vaccinati al 55,5%, in attesa dal richiamo il 32% circa, non vaccinati oltre il 12% (742mila persone circa), con la forbice a livello territoriale che si assottiglia (le Regioni in maglia nera arrivano al 20%, come nel caso della Sicilia, quelle più virtuose non scendono però sotto il 10%). E nella fascia 60-69: 47% dei vaccinati, 34% in attesa, 18% non vaccinati (oltre un milione e 300mila persone)

Anche se i numeri assoluti delle ultime settimane fanno ben sperare: rispetto a quella tra il 30 maggio e il 5 giugno, in cui si erano vaccinati 284mila over 70, e quella tra il 6 e il 12 giugno (278mila), nelle ultime due il numero è decisamente cresciuto, arrivando agli oltre 422mila di settimana scorsa. Segno che l’“incidente” con AstraZeneca, col nuovo cambio in corso delle regole sulle età datato 11 giugno, potrebbe aver dispiegato i suoi effetti psicologici sulla popolazione più anziana soltanto per breve tempo.

La percentuale di dosi di vaccino di Oxford somministrate, d’altronde, è tornata a un accettabile 84% delle scorte. Qualcosa non va invece sul fronte del monodose Johnson&Johnson, che come AstraZeneca è ora indicato solo per gli over 60 e che è invece fermo al 60% delle disponibilità utilizzate: oltre 1 milione e 200mila le fiale chiuse in frigorifero, basterebbero a completare immediatamente il ciclo vaccinale per metà dei “no vax” over 60 a rischio variante Delta. Per ora restano lì, in attesa che l’esercito degli indecisi sia intercettato e sollecitato.

da avvenire.it