Se il web scopre la carità

Da Facebook e Google fari puntati sul mondo “non profit”

La costellazione del “non profit” è diventata la prossima frontiera dell’espansione del web e dei social network. I grandi protagonisti delle tecnologie della comunicazione stanno affilando le armi per la nuova guerra di Internet e in tutto il mondo crescono gli investimenti nelle start up informatiche che si occupano di charity e di organizzazioni non governative. Si tratta di una tendenza in veloce crescita. Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, ha annunciato di voler permettere a cinque miliardi di persone nel mondo di connettersi al web. Attualmente le persone “connesse” non superano i due miliardi. Zuckerberg ha attivato un gruppo di lavoro che si chiama Internet.org e in dieci anni, vorrebbe ridurre del 99 per cento i costi d’accesso a internet.

Al Meeting di Rimini Simona Panseri di Google ha presentato un video su Zack Matere (link: www.youtube.com) un contadino keniota che è riuscito a migliorare la qualità della propria vita con un accorto uso dei motori di ricerca su Internet. Un anno fa Google ha anche lanciato una specie di festival per i video autoprodotti dai “dogooder” (una definizione colloquiale inglese che sta per “filantropi”). In Italia il sito “Charitystars” sta crescendo in modo molto veloce. Con la collaborazione di alcuni personaggi noti dello spettacolo o dello sport, raccoglie fondi che vengono devoluti alle organizzazioni no profit, da “Medici senza frontiere” al Wwf. Il meccanismo è quello delle aste pubbliche, rigorosamente online, durante le quali vengono “venduti” oggetti autografati dalle star o la possibilità di partecipare ad esclusivi eventi in compagnia dei vip preferiti. Il ricavato, al netto del 15% che rimane agli animatori dell’iniziativa, va alle “non profit”. In SudAmerica, una piccola start up online è stata finanziata con alcuni milioni di dollari: stanno sviluppando un software che permetterà la donazione di micro beneficenza (un euro o un dollaro per volta) attraverso un uso innovativo dei social network come Facebook o Twitter.

Insieme con il proliferare delle iniziative “social” sul web, crescono però anche le perplessità. “La rivista Wired ha avanzato pesanti sospetti sull’iniziativa di Zuckerberg (che comunque non ha ottenuto dalle autorità americane lo status di “non profit”). In un lungo articolo Wired parla apertamente di egoismo e malafede”, scrive Gabriella Meroni su Vita.it. “La connessione è un diritto umano”, ha subito replicato Zuckerberg, e ha ricordato che “se volessimo solo pensare ai soldi, sarebbe sufficiente il miliardo di persone che è già connesso a Facebook. Ha più disponibilità economica di tutti gli altri 5 miliardi di persone che non accedono al web nel mondo”. Sarà anche vero ma nel frattempo aumenta il desiderio di capire meglio. “Se il web è uno strumento con grandi potenzialità, usiamolo bene con responsabilità individuale e non solo dal punto di vista tecnico, ma anche da quello sociale”, ha detto Panseri di Google durante il Meeting di Rimini.

Secondo Gianni Riotta, “Il web aiuterà la libertà dell’uomo a patto e in quanto noi saremo in grado di alimentare nei nuovi media digitali valori classici, tolleranza, ragione, critica soprattutto a noi stessi, dialogo e confronto”. Anche il poeta Davide Rondoni non crede nel potere miracolistico della tecnologia: “Si pensa che il web risolva tutti i problemi come quello della solitudine, ma in realtà la solitudine è rotta dall’amicizia e dall’amore. Per fortuna la vita sfugge a ogni rete perché ha un valore imprendibile per natura e il web può essere strumento che dimostra questo”