Chiesa di Rieti

Sacerdoti al tempo del Covid-19: il bene dato e quello ricevuto

I sacerdoti, sempre in prima linea per i propri parrocchiani, lo sono ancora di più in tempi difficili. Ma questo sentimento di cura e affetto ha anche un moto inverso

«Solo chi sa stare bene in compagnia sta stare bene da solo, e viceversa», disse qualcuno. Una frase assai calzante per i sacerdoti, che vivono soli nelle proprie canoniche, spesso in zone poco abitate o isolate, eppure sono sempre i primi invitati agli eventi, alle feste, ai momenti conviviali della comunità. Le loro figure tengono insieme le fila del tessuto sociale, sono le spalle su cui piangere, le facce con cui ridere, le orecchie che ascoltano problemi, le mani che ne stringono molte altre, ogni giorno. Fino a un mese fa, circa.

Oggi, il vortice epidemiologico ha stravolto anche questa antica consuetudine ormai consolidata nelle nostra memoria e nella vita stessa della Chiesa. Il sacerdote, come tutti noi, è ora obbligatoriamente chiuso in casa, a «distanza di sicurezza» dai parrocchiani, dai bambini, dai coristi, da tutti coloro che ruotano intorno al paese, alle chiese, alla vita sociale. Una lontananza molto patita, che molti stanno cercando di colmare attraverso i mezzi tecnologici: ma non è lo stesso, si sa.

Vicinanza e affetto

E la gente capisce, percepisce, e “rende” in qualche modo il bene ricevuto, con vicinanza e affetto verso la forzata solitudine dei sacerdoti. «L’esperienza di questi giorni difficili mi sorprende sempre più. Ci sono delle attenzioni che in tempi “normali” sembrano ovvie e scontate e non ti accorgi di nulla o non le valuti abbastanza», dice don Sante. «Io nel mio piccolo cerco di stare vicino ai parrocchiani con la preghiera, o tramite il web. Cerco di raggiungere gli anziani e gli ammalati con una telefonata e percepisco la loro gioia nel sentirsi ricordati e stimati, attenzionati».

L’affetto dei più piccoli

Giri di telefonate quotidiane, indirizzate soprattutto alle fasce più fragili, per dare e darsi forza. E gesti concreti, piccoli, ma sentitissimi. Ai sacerdoti arrivano i disegni dei bambini che li ritraggono nei modi più disparati «me le attaccano alla porta di casa», come accaduto a don Giovanni, ritratto accanto all’ospedale, con un arcobaleno sullo sfondo. Ma le manifestazioni di affetto e cura sono davvero tante, dai medicinali ai beni di prima necessità, alle provviste per la spesa.

Le attenzioni degli adulti

«Mi arriva tanto affetto e accudimento, non posso negarlo», dice don Felice. E basta poco. Un vasetto di olive per gli spaghetti, una salsiccia casereccia, un barattolo di passata di pomodoro, una bottiglia di olio. «Mi hanno fatto trovare una fetta di pescespada fresco appeso sulla porta, un bel gesto», dice don Zdenek. E poi, ancor più frequenti, arrivano i pasti pronti. Mamme di famiglia che preparano la pasta al forno, e «perché non ne portiamo un pezzetto al prete, che magari non si mette a cucinare», oppure le polpette, o l’arrosto di domenica. «Ci sono tante persone che si preoccupano della mia salute e mi domandano telefonicamente se mi occorrono medicine, o cibo. Le piccole e grandi attenzioni non mancano. Di fronte a tanto affetto mi sono scese delle lacrimucce. Soprattutto i bambini sanno sorprendere con la loro semplicità e bontà. È Nei momenti difficili che si vede il gran cuore delle persone».

Scambio di consigli

Don Nicola conferma. Una parrocchia piena di bimbi, la sua, per i quali ha preparato un video con consigli contro la noia casalinga. «L’ho fatto anche per aiutare i genitori, che magari non riescono a gestire la loro vivacità, o la loro noia, chiusi dentro casa». Un’idea che è valsa centinaia di visualizzazioni e commenti, suscitando grande riconoscenza e affetto verso il sacerdote. Ora nelle case del Bivio di Cantalice risuona la frase «Devi avere pazienza, lo ha detto pure don Nicola»: e i bimbi si placano un po’, e attendono con più tenacia il momento di ì’tornare a giocare liberi intorno all’oratorio’pè0. Nel frattempo, ci si prepara per la Settimana Santa. In alcune parrocchie si preparano bottigliette per ricevere individualmente l’acqua benedetta, oppure il ramoscello di palma. Ci si adegua come si può ad una situazione emergenziale alla quale nessuno era preparato, e si rende in qualche modo quello che si è ricevuto.

Non manca la preghiera

Una bambina scrive a un sacerdote: «Santa Maria, Madre di Gesù e Madre nostra benedici il nostro parroco per tutto quello che fa per noi in questo periodo cosi brutto». L’unione si sente, e si trasmette anche attraverso lo schermo di un computer o di un telefono, soprattutto comprendendo lo sforzo dei sacerdoti meno avvezzi all’uso dei mezzi di comunicazione tecnologici. In attesa di abbracciarsi di nuovo, e con maggior trasporto.