Giugno Antoniano Reatino 2022

Ritrovare, insieme a sant’Antonio, la relazione con Dio

«Chiedere la grazia dell'unità e del ritorno all'essenziale»: è stato questo l'invito fatto da mons Pompili a quanti si sono ritrovati in Sant'Agostino la mattina del 13 giugno per partecipare alla Messa nel giorno della memoria di sant'Antonio di Padova

Si sono aperti ieri pomeriggio, insieme alle porte della basilica di Sant’Agostino, i festeggiamenti per il Giugno Antoniano reatino. Lo svolgimento in piazza Mazzini è obbligato dai lavori in corso nella chiesa di San Francesco, ma non cambia la sostanza della festa. Chi si vuole accostare alla figura del santo lo trova al punto di fuga della lunga navata della chiesa. Ma «collocare al centro la figura di Antonio – ha avvertito il vescovo Domenico presiedendo la Messa del 13 giugno – non significa fare ombra al Signore che è in mezzo a noi; significa non dimenticare che egli è stato la voce di Dio, che è stato un tramite grazie al quale Dio si è reso percepibile alla gente del suo tempo».

È questo lo spirito che mons Pompili invita a mantenere nel corso del mese, anche ricordando quell’andare incontro agli altri è stato un altro segno distintivo del francescano. Una sorta di «ideale missionario», incarnato da uno «che non sta mai fermo, e soprattutto non sta mai da solo, ma vive questa esperienza insieme con gli altri suoi fratelli». Una provocazione per la Chiesa di oggi, che spesso trova il proprio limite nell’evangelizzazione proprio nell’«incapacità di essere uniti e convergenti», mentre occorrerebbe saper fare squadra per poter imitare i primi discepoli, sentirsi come loro inviati a «recare conforto alle persone che vivono il dolore e la sofferenza».

La questione di Dio, infatti, «s’impone laddove siamo messi a confronto con le grandi domande della vita, prima fra tutte la domanda sulla vita e sulla morte»: è su questa frontiera – ha sottolineato il vescovo – che occorre «ricentrare l’annuncio e la testimonianza». Perché Dio è «l’unico possibile appoggio e ormeggio alla nostra vita, che altrimenti è destinata ad essere senza senso».

Non sono le cose alle quali ci attacchiamo, ma le relazioni ad essere importanti nella vita e «tra queste relazioni sicuramente la relazione con Dio è decisiva. Così è stato nell’esperienza di sant’Antonio, che attirava a sé non tanto per la eloquenza delle sue parole, non solo per i miracoli che compiva, ma per essere uno da cui traspariva un singolare contatto con Dio. Perché, la gente in realtà, non cercava Antonio, ma cercava di Antonio il suo contatto con Dio. Ed è quello che la Chiesa deve sempre, daccapo, imparare a vivere».